E con questa do' inizio alle mie vecchie storie sempre, ma scritte solo sui quaderni di scuola, e quindi non segrete ne' sconosciute ai più. La maggior parte viene dagli anni delle mie scuole medie, periodo in cui scrissi parecchio, e dove quasi mi appellarono il nomignolo di preferita della prof, quella della materia di letteratura e cinema. Non sapevo scrivere ancora bene come oggi, ma erano le prime volte che finalmente potevo dimostrare ancora una volta la mia fantasia e le mie passioni non attraverso il disegno (e parola, ero più timida di adesso e scrivere mi aiutava meglio nell'esprimermi), quindi se si trovano errori o cose incongruenti non c'è da esserne stupiti. Mi sento quindi molto nostalgica nel rileggerli, sapendo poi che ero adolescente e quindi nella fase di un grosso cambiamento fisico, emotivo e mentale. Comincerò con le prime tre basate sul mio vecchio personaggio Occhi Sanguinanti, che poco ho fatto conoscere in tutti questi anni.
La incontrai, quella sera a mezzanotte, dopo aver finito di mangiare la zuppa di verdure di mia madre. Uscendo fuori per prendere una boccata d'aria d'autunno, la vidi. In mezzo al bosco buio e pieno di "Uh-uh" sinistri e ripetitivi che t'impazzivano, c'erano due luci rosse, che parevano occhi nel buio pieni di sangue. La figura mi s'avvicinò, con quegli occhi rossi luminosi che si facevano sempre più grossi. Io stetti fermo lì, col cuore in gola, e le gambe, paralizzate* dalla paura, non si mossero. La Luna riuscì a illuminare di più quegli occhi spietati, passando da una apertura del bosco fitto. Era una ragazza, di circa 28 anni, col viso pallidissimo e senza guance* rosa, ma molto bella. Portava due treccine coi ricci a spirali alle punte, diverse di misura, che le ricadevano sul petto. Gli occhi, ben sporgenti ma vuoti allo stesso tempo, erano come un recipiente che conteneva sangue rappreso e in bufera, come confuso, e poi, quelle labbra carnose e nere, di un freddo gelido, tremavano a scatti veloci e lenti. Aveva i capelli nerissimi, con un ciuffo che le* cadeva su una parte, tipo a riccio, soltanto un po' schiacciato alla testa e ben pettinato. Il vestito era senza maniche, leggero, che svolazzava al vento. Non sembrava che non sopportasse il freddo e invece tremava al ciò. Sembrava fosse costretta a doverlo sopportare. Aveva le gambe nude, senza scarpe ai piedi, che bianchi pure essi, diventavano blu per* le ferite lasciate cicatrizzare per colpa della sua povertà. Sembrava povera e infreddolita infatti, ma il vestito era di seta e i capelli ben pettinati, e non era sporca: splendeva come la luna. In quel momento, mi feci coraggio e corsi verso casa, perché mi terrorizzai molto alla vista della grossa mannaia che teneva nel braccio* sinistro, presa bene e che era bagnata da sangue fresco. Nell'altra mano, prima notai, e ciò mi terrorizzò ancora di più, un occhio azzurro e acuto di pupilla che spruzzava pezzi di arterie sulla sua gamba. Lei mi fece vedere poi quell'occhio, muovendolo a pendolo davanti a me, come per ipnotizzarmi* dal terrore. Quando fui a casa, mia madre si chiese perché ero bianco; io le risposi "Niente, mamma" E osservai fuori dalla finestra quel bosco buio. Quegli occhi rossi riapparvero e io, terrorizzato, scappai verso la mia stanza, coprendomi sotto le coperte calde. Quella notte non riuscii a dormire e la rivedetti in sogno, che però mi uccise, mentre mia madre urlava disperata.
Il personaggio descritto era la mia furetta BloodyEyes, qui descritta in versione umana, e come già dissi, usata più spesso in storie al di fuori della sua saga originaria (HELTES). Questo mio racconto lo accompagnai da una illustrazione a schizzo a penna, con però davanti a lei, una ragazza.
Ero in gita scolastica con 4 amici in campagna. I miei 4 amici erano tipi molto originali. Il più piccolo si chiamava Derick e aveva poco più di 11 anni. Era un tipo molto timido e imbranato. Però, verso sera, mentre noi correvamo come scemi, Derick cadde per terra, avendo una dolorosa storta, che nonostante fosse molto dolorosa, lui mugugnò e cercando di richiamare l'attenzione, noi non lo sentimmo più. Si alzò, tutto barcollante e raffreddato, perché faceva molto freddo, soprattutto nel bosco. Si era perso nel bosco. Era buio e soltanto la piccola scia di luce lunare che filtrava dai buchi rari del bosco fitto poteva illuminare un poco di strada. Avanzò un po' Derick con le mani raggelanti dal freddo dentro le tasche rotte e rattoppate. Dove si trovava non lo sapeva e accecato un po' dal piccolo panico, causa dello stato in cui si trovava, provò a gridare, diventando rosso. Ma per pochi istanti, perché divenne bianco di pallore dopo aver visto due fari luminosi avventarsi contro di lui. Derick s'inginocchiò, facendosi pure male all'altro piede. Gli occhi luminosi erano di una civetta bianca delle nevi.
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