5 giugno 2016

Ciao ciao...

... Non sto dicendo che abbandonerò qui. Anzi.
Volevo solo dire che anche se non ho più scritto molto non sono morta. Anche se non fisicamente almeno. Mi sento di nuovo in quel limbo che ebbi nel mio periodo adolescenziale, forse perché dissi che stavo rinascendo o ritornando ad una mia seconda giovinezza, e come tutte le piccole ere, ognuna ha i suoi punti positivi e negativi. Quel mio periodo, da quel che ricordo di che scrissi all'epoca, era pieno di momenti in cui volevo letteralmente sparire, ero sotto stress quasi ogni giorno, immaginavo a volte che avrei dato di matto e fatto fuori qualcuno, ma erano solo piccole esorcizzazioni della rabbia che covavo dentro, non avevo reali intenzioni. Lo chiamai limbo perché era come stare appunto in una dimensione iperreale, non saprei come spiegare, ma ti senti completamente senza parti del corpo "in movimento", senza vita, osservi l'aria e l'atmosfera intorno a te, ascoltando solo te. Io adoravo quel momento che spiegai solo con il termine "apatia", molto vicino allo stato della morte, ma lo temevo anche, perché da una parte mi ricordava il freddo della nudità che provavo quando da piccola io e mia sorella dopo il bagnetto assieme venivamo prese in accappatoio dallo zio ridendo mentre ci buttava nel lettone della nostra zia da parte della nostra madre, ma non perché era collegato al fatto di mio zio (l'evento traumatico accadde molto dopo) ma perché la mia pelle nuda a contatto con l'aria mi dava una sensazione freddolina molto strana, ma fastidiosamente piacevole: un po' come credo sentano quelle che si autoinfliggono dell'autolesionismo (una ragazza che ebbi come "amica" in prima superiore aveva questo vizio e se lo faceva sulle braccia; io la guardavo strano ma perché mi sembrava una cosa insensata, fatta solo per moda, mentre quello che facevo io, lo facevo solo alle unghie, guance, spalle, schiena, viso e fronte, sicuramente per nervoso e perché non credevo che qualcuno mi considerasse attraente, quindi volevo ferirmi il più possibile per nascondermi) addosso. Forse da una parte questa cosa la presi anche da molti anni prima ancora, quando per punizione all'Istituto per bambini in adozione mi lasciarono chiusa nella mia stanza (in realtà la dividevo con altri due bambini maschi) e io, grazie alla mia fantasia, non mi feci vincere e fissando il soffitto davanti a me fantasticai tranquillamente; inconsciamente avrò collegato la sensazione "terra terra" con il senso di colpa, non so. Fatto sta che ho di nuovo questa cosa, mista alla noia, terribile mio altro nemico vitale, che non fa che peggiorare di più tutto il quadro. A volte questa cosa viene vinta dai miei sogni ad occhi aperti positivi, che mi invogliano per pochi secondi di smettere di lasciarmi andare e di fare quello, fregandomene del tempo che passa, ma poi tornano quelli (che non penso che mi abbandoneranno mai), mi fanno pensare così che tutto quello che desidero è solo roba materiale, e che nessuno, se morirò gliene fregherà qualcosa. E' un mio pensiero fisso, penso spesso alla mia morte, non posso farci nulla, essa è stata presente sin dalla mia nascita a farmi compagnia, anche nei miei sogni. Non voglio uscire fuori dal discorso, ma io preferisco raccontare le cose in questo modo, perché è così che rifletto nella mia mente tormentata. Non so perché penso queste cose, ma le penso e basta, perché è la mia mente che lo vuole, e io in primis. Amo ricordare vecchi ricordi, e fare collegamenti possibili, simbologie o analogie con altre cose. Uno dei primi sogni che feci all'età di cinque-sei anni riguardava proprio la figura della morte come nel pensiero collettivo (chiamasi Cupa Mietitrice): ero in una metroplitana (io abitavo a Milano all'epoca) ed ad un certo punto passa una metro molto velocemente; nonostante la velocità scorgo subito una testa di uomo mozzata dallo sguardo addolorato e terrorizzato "urlare" (la voce sembrava risuonare in tutta la zona) e accanto un'altra testa mozzata, ma di un cervo maschio adulto, sempre a bocca aperta, che pare urlare anche lui lo stesso urlo dell'uomo. La Morte appare così dal nulla, sopra le due teste, per poi apparire accanto a me sorridente, sopra la parte per i passeggeri che sarebbe riservata per i passeggeri che attendono il mezzo. Questo sogno mi colpì molto perché non solo mi terrorizzò per le teste mozzate (avevo una paura/ammirazione per le teste tagliate) ma anche perché prima d'ora non avevo mai visto la figura della Morte come disegnavano nelle antiche raffigurazioni medievali, e pensai che avevo sortito qualche strano potere. Ma anche i sogni dopo erano quasi tutti incubi, e difatti la mia insonnia in realtà la avevo anche in tenera età, un motivo/causa era la mia credenza di un boia che camminava verso di me tutte le notti appena posavo la testa sul cuscino e mi addormentavo: più tardi scoprii che in realtà il suono di passi strascicanti che mi faceva immaginare il mio boia camminare a mo' di conta-pecore inquietante, non era altro che il risuono che sentivo all'orecchio quando lo posavo sopra il polso; ma ero una bambina, potevo immaginarmi di tutto. Certo, è strano che una bambina di cinque anni immagini un boia venire da lei per giustiziarla ogni notte, ma quelle erano le mie fantasie, che ci posso fare? Addirittura avevo tra i miei personaggi immaginari un t-rex albino di nome "Morte" con tanto di nome al guinzaglio, che i miei educatori notarono (sarà per questo anche che scrissero di me come "bambina dall'aspetto inquietante"), ma questo non era la loro più grande preoccupazione verso di me, visto che avevano più da tenere a bada il mio carattere un po' ribelle, silenzioso e un po' insonne. Ricordo un'altra cosa che li fece davvero preoccupare tra le tante. Io mi svegliai nel bel mezzo della notte, non ricordo di quale sogno/incubo da cui mi destai) e non vedendoci bene nel buio, toccai dappertutto accanto a me, ma nonostante, non riuscivo a trovare un punto d'aria e credetti di essere bloccata sul serio in qualche scatola o altro: urlai e Luisa (credo) accese la luce: ero rimasta ore ed ore a toccare il muro. Non credetti fosse possibile, perché avevo davvero toccato tutto quello che avevo intorno a me, eppure le mie mani erano lì a spingere nel muro. E qui ancora, forse credo di avere un altro collegamento col muro, se non avessi urlato avrei immaginato ancora di essere rimasta rinchiusa in qualcosa. Questo mi collega alle mie fantasie ad occhi aperti che mi facevo nel buio, inquietanti e grottesche, ed al limbo perso immaginato successivamente, un "muro" delle mie fantasie, un "muro" che temo, che mi possa prendere nel suo abbraccio anche se è tutta una mia immaginazione. E difatti è così, so benissimo che sono solo pensieri tutti questi, eppure mi ci lascio cadere anche se per poco. Forse perché so anche che non mi abbandoneranno mai, saranno sempre presenti in me (quindi anche il pensiero della Morte come per altre simbologie)... Ma, che vi aspettavate da una persona che è praticamente cresciuta da sola, con genitori assenti nella mia crescita, con zii non poco abituati alle maniere forti verso la mia tendenza a parlare poco, ad un parente di questi che mi fece violenza sessuale quando avevo 11-12 anni e da gente e altri parenti che non faceva che darmi della "down","idiota","imbecille","demente" ed altre belle riconoscenze? Questa è stata la mia vita da adolescente, potessi cancellerei tutto, per aver avuto solo i brutti sogni che non sono altro che sogni appunto, e non incubi reali che ebbi dopo. Ecco perché dicevo che prima questo limbo lo temevo ma mi piaceva anche, era una sorta di difesa mentale dall'allontanare i miei piaceri dalle brutte loro parole, perché una cosa che detesto tra le tante è proprio quando mi riprendono una cosa che mi piace o che mi piace fare e la denigrano, sia per scherzo o no; una cosa simile mi sta accadendo adesso quando provo a suonare la mia batteria, anche se colpa è un po' della mia timidezza ed ansia, ogni tanto il mio ragazzo ride per gioco, ma io dentro di me sento davvero una specie di mortificazione, e provo così tantissima ansia a fare le cose davanti a lui, quindi preferisco quando non è presente; ma quando accadevano le altre situazioni del passato in collegamento, non potevo andarmene né zittire chi lo diceva, dovevo sopportare e basta, e mica lo dicevano solo una volta, dato che mi riprendevano sempre:"A., avessi questa luce negli occhi quando studi matematica" o "A., e smettila con quella merda di musica, poi come sono brutti quei tizi" o "Che perversione, che schifo! E poi son disegnati malissimo", riferito ad un evento in cui mi andò a ficcare il naso nei miei disegni personali (disegni di bei ragazzi nel mio gusto in pose erotiche o in atti amorosi tra loro), in cui davvero diventai con la pelle più candida di quel che avevo per lo shock, (lei venne da me all'improvviso con il quaderno "incriminato" dicendomi che non stavo bene di cervello, che cosa disegnavo erano perversioni, da malati, che li avrebbe sequestrati e portati a far vedere a delle sue amiche: io per lo shock e timidezza non dissi nulla, ma sbandierarmi così davanti le mie cose personali in quel modo mi scioccò parecchio, non so se dopo mi strascicai per terra e piansi, ma presumo di si), un'altra cosa simile la fece molti anni prima, quando provai a fare pupazzetti perché a dei miei compagni piacquero moltissimo (avevo creato davvero una bellissima tartarughina verde dagli occhi molto dolci ma me la rubarono, lasciando solo le altre creazioni che non erano niente di che), ne feci uno che se non ricordavo male era un procione, lo mostrai a lei, mia zia sempre, ma quello che fece mi scioccò ancora di più: strappò il mio pupazzo a metà dicendomi che non si facevano così le cuciture e che dovevo imparare dal "maestro". In parte credo che smisi di fare pupazzi dopo quell'evento traumatico, ed ecco che capii perché spesso evitavo di parlare o fare cose che mi piacevano davanti ad altre persone, od ad avere la tensione alta mentre faccio questo. E tutto questo mi blocca, seppur ancora una parte di me dice di fare, fare, fare. E' una continua battaglia mia mentale che dura da anni, a volte penso di avere talento, di poter fare fare qualcosa che buona parte del mondo ricordi e che mi ci colleghi, a volte mi lascio prendere da questo limbo apatico reale e penso che è tutta immaginazione, tutto poi scomparirà. Questo è uno dei miei tanti sfoghi.

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