13 agosto 2017

DRAW MY LIFE_Parte Infanzia_Livorno_Anni 2002-2009

Arrivai così nella nuova città, totalmente diversa da quella a cui ero abituata prima, rifeci una nuova prima elmentare, conobbi alcuni miei familiari per la prima volta, conobbi anche usanze e costumi a cui un po' inizialmente a fatica capii, ma a che comunque cercai di adattarmi. Faceva molto più caldo, e c'erano barche, barconi e spiagge infinite, e la gente stava spesso sui muretti a fissare non so cosa, c'erano anche venditori ambulanti (che presero la mia attenzione particolarmente), mercatini pieni di cose curiose (altra cosa che mi attirò). Mi dispiacque molto che non c'erano montagne e molti parchi, ma più di tutto mi fece dispiacere che la gente si insultasse come niente: non conoscevo tutti i termini che usavano, ma sentivo una rabbia ed un nervoso che mi sembrava inusuale e assurdo, quasi inutile.
Ma dopotutto per me era come entrare in un mondo nuovo. Menziono anche che le strade e tutto intorno a me mi sembrava molto più sporco: c'erano sigarette e le peggio schifezze ovunque andavo, e questa cosa mi deprimeva perché io amavo molto stare per terra.
I miei capelli finalmente non vennero più tagliati corti e sembravo più una bambina che un bambino, ma i miei gusti rimasero invariati, se non peggio, perché mi appassionai anche ai mostri folkloristici, come vampiri, fantasmi (mia grande passione ancora adesso), zombie, lupi mannari e tantissimi altri. Ebbi anche come regalo un autobus mediamente grande, di quelli italiani, con cui giocavo spesso nell'ingresso, facendogli fare salti e voli con dentro (incastrati da me personalmente) alcuni dei miei pupazzini in plastica delle sorpresine kinder (adoravo tantissimo quei cosi). La fine di quell'autobus fu infatti di dividersi in due, con alcuni finestrini mezzi rotti e la parte mobile di gomma nera quasi martoriata. Amavo tantissimo quel bus, ma dovevo sfogarmi in qualche modo. Conservavo anche migliaia di pupazzi sul letto, sempre a farmi compagnia, con cui immaginavo sedute assieme a loro per decidere alcune regole, anche assieme a mia sorella. 

Mia sorella era parecchio gelosa di me, e quasi ogni giorno ci litigavamo, anche arrivando alle botte, alle tirate di capelli, al tirarci bastoni di ferro, perché spesso eravamo lasciate da sole in casa per ore, e mia sorella per la noia e chissà altro mi prendeva di mira (io ero più tranquilla e non volevo che qualcuno mi disturbasse mentre immaginavo chissà quale storia). Quando non litigavamo e lei era (vista l'età prescolare) con mia zia o all'asilo, io stavo parecchio a disegnare. Al tempo stavo nella stessa stanza di mia sorella, che dormiva in una culla, molto piccola, ma per me andava benissimo lo stesso, e speravo, un giorno, che diventasse mia. Ma successivamente saremmo state trasferite nella stanza matrimoniale, poi io nella stanza piccola da sola, per poi avere la mia stanza grande (la casa era in centro ed era molto spaziosa e piena di camerette), e lei un'altra sua. Quella grande la ebbi in tempo allentato dopo che all'età di 13-14 anni vidi mio padre la prima volta, ma questa è un'altra storia). Mia sorella mi rubava spesso disegni, vestiti, e tante altre cose, e non ammetteva mai le sue malefatte, così mi innervosivo spesso. Non avevo molti amici ed ero molto timida, avevo l'odio per la materia di matematica e volevo spesso stare per i fatti miei. Mia sorella invece era l'esatto opposto, ed ero invidiosa che in casa lei fosse trattata come una "principessina" perché simile a mia zia e cugini. Solo lo zio infatti era più affezionato a me. Anche se spesso ci aiutava a portarci fuori dal bagno (il periodo in cui entrambe facevamo il bagno caldo assieme, che si stava bene economicamente), e scherzava con entrambe, quella a cui stava spesso a guardare MTV ed i propri disegni fatti a mano, ero io. Non voglio nascondere che purtroppo mi avrebbe però fatto del male successivamente. Al tempo ancora mia cugina Valentina non abitava nella nostra stessa casa, e mio cugino giocava spesso con noi due a fare il soldato in guerra per acchiapparci: io ero più svelta ed a volte nessuno di loro tre riusciva a capire dove mi nascondevo perché ero magra e bassa.

Ritornando a come vedevo i livornesi, per me era "gentaglia brutta e cattiva". Persone che non si portavano rispetto, che si picchiavano, che si insultavano. A volte mi veniva il desiderio di tornare a Milano, ma essendo timida non dicevo niente e lasciavo trapelare ogni sentimento e pensiero. All'epoca andavano di moda i cartoni animati, i Blue, Jesse McCartney (parlarna ora mi pare passata un'era preistorica); ma io amavo molto il cinema ed alcuni attori come Leo di Caprio (scoperto grazie al film Gans of New York) e Will Smith (lui sin dai tempi di Milano, mi piaceva tanto la serie di Willy Il Principe di Bell-Air). Musicalmente non avevo gusti particolari perché ascoltavo solo quello che passava sull'MTV di allora, ma rimase la mia passione per un certo Eminem fino a quando a 13 anni non conobbi i SOAD e i Cradle of Filth. Mia sorella invece era patita di Avril Lavigne (che io non sopportavo), e mia zia la classica musica italiana che mal dovevo sorbirmi ogni giorno, anche quando si facevano i lunghi viaggi verso le spiagge private (quando stavamo bene economicamente) e poi pubbliche. Conobbi anche Caparezza e fu amore a prima vista. I nostri pomeriggi poi vennero frequentati da alcune "tate" che solo alla fine io continuai a volere nonostante mia sorella disse di non volerle più intorno. Una di loro, molto giovane, presi in simpatia come amica quasi, e ci parlavo di ogni cosa. Se non si guardava la tv, si andava alle ludoteche. La mia preferita era la Ruzzeria, con cui ricordo con piacere un Halloween in cui io e mia sorella ci mascherammo da vampiri. D'estate invece si era in una colonia estiva, con tantissimi bambini, e anche lì non mancarono i soliti bulli che presero di mira anche mia sorella. Non stavo molto a contatto con gli altri, ed anche lì sfruttavo molti fogli per disegnare. Mia zia mi costringeva spesso ad andare al mare, anche se io mi annoiavo a morte e volevo essere altrove. Ma per mia zia, io ero piccola e dovevo "socializzare", quindi niente "no" da parte mia. C'è anche il fatto che non amavo molto "scoprirmi" (indossavo spesso felpe per coprirmi il viso, pantaloni larghi, ecc), bagnarmi nel mare, la sabbia, gli scogli ed il caldo. Insomma, era un inferno! Ma di notte però mi divertivo davvero, quando coi bambini si andava nelle cabine, io immaginavo chissà quali killer nascosti che ammazzavano qualcuno con la motosega e così mi riempivo di adrenalina. Per farci fare più attività pomeridiane, zia ci iscrisse anche a corsi di judo, karate, vela, e per me solo, scouting e danza caraibica (questa scelta in realtà solo da me). Si frequentava spesso anche il parco di Villa Mimbelli, e quello che una volta fu uno zoo. I miei posti preferiti lì dentro erano le biblioteche.

Il tempo in cui conobbi mio padre per la prima volta, mi nascosero che era tale, ma io avevo già sentito "qualcosa" di strano tra me e lui, e quando mi dissero la verità, ebbi una reazione quasi indefinibile. Lui mi regalò il mio primo stereo, e un portacd arancione di 24 dischi masterizzati da lui stesso, di 23 artisti che non avevo mai sentito (e che voleva lui che asoltassi), solo perché io chiesi a lui di regalarmi un disco dei System Of A Down (scoprii questo gruppo grazie ad un anonimo ragazzino ad una delle mie gite). Mi regalò anche un cesto di gessetti colorati per disegnare nel muro, ma poi mia zia anni dopo me ne vietò l'uso. A scuola, ero ammirata per la mia "bravura" nel disegno, e perché leggevo più velocemente di tutti gli alunni, ma forse anche per questo venivo lasciata in disparte e forse qualcuno mi invidiava per questa capacità. Mi criticavano anche per la mia macabra fissa per il sangue, per i morti e le cose spaventose, per come parlavo sbagliando le parole, per la mia lingua a serpente/carta geografica, perché mi nascondevo spesso la faccia. Già dal primo giorno ricordo che quando entrai in classe, mi nascosi dietro la maestra, evitando il contatto visivo con i coetanei, e mi rifiutavo anche solo di sussurrare "Buongiorno". Loro pensavano che "me la tirassi" ma in realtà è che avevo una fottuta paura di emozionarmi troppo, di sentirmi avvampare di rossore e di fare gaffes. Ebbi anche da mio padre un computer vecchio, che in poco tempo si fulminò a causa di mia sorella che ne staccava sempre la spina per dispetto, ma ovviamente punirono me per l'incidente. Quasi ogni cosa che capitava in casa era colpa mia, e per me era frustrante, dover fare le faccende ed essere punita per cose che non avevo fatto, solo perché ero esplosa in rabbia. Mia zia era molto manesca e usava tali metodi anche per quando faceva matematica con me: io per paura di sbagliare non parlavo e lei alzava le mani; altre volte ancora invece mi faceva fare le nottate finchè non risolvessi certi compiti sui libri delle vacanze. Ecco perché cercavo di isolarmi il più possibile.

Ebbi anche un amichetto d'infanzia, figlio adottivo di un'amica un po' "strana" di mia zia, non di origini italiane, con cui giocavo gran parte del mio tempo. Il nostro passatempo preferito era quello di andare al parco che era una volta zoo, ed acchiappare... Piccioni. Sì, lui mi insegnò a catturare quei volatili e io imparai in poco tempo. Si catturavano e poi si rilasciavano, per poi acciuffarne altri. A volte raccoglievo le loro piume come prova. I piccioni divennero i miei uccelli preferiti, la mia preda di caccia dopo gli insetti. Essi divennero anche protagonisti di molte mie storie di fantasia. Purtroppo stavo crescendo, e le mie coetanee non avrebbero visto di buon occhio una bambina a cui piaceva giocare con gli uccelli (già mi guardavano male per il mio vistoso interesse per le cose horror), così a poco a poco cercai di frequentare poco il mio amico, anche se mi dispiaceva dentro. Un altro motivo per cui però mi allontanai da lui era anche quello per cui la gente sparlava male di lui: non volendo essere paragonata a quelle voci perché sua amichetta, ne presi il più possibile le distanze. Non fu facile perché non mi piaceva che lo insultassero (era un bravo bambino e non faceva del male a nessuno, non capivo tutta questa cattiveria nei suoi confronti), ma già soffrivo di mio per come mi considerassero... In casa poi era tutto un discriminarmi: oltre che lamentarsi delle mie poche amicizie, mi affibbiavano insulti gratuiti (Mongoloide il più usato, ho cominciato a odiare chi usasse come insulto questo, anche perché per me è molto razzista e xenofobo, oltre che irrispettoso per i malati di trisomia 21), mi criticavano perché "poco femminile" e "sempre distratta", mi criticavano per i Cradle of Filth che ascoltavo dallo stereo in salotto (prima che avessi il mio da mio padre), per le tematiche horror, e per il fatto che mi lavavo poco, non curandomi molto, oltre che, per il mio stile un po' bizzarro ed esagerato: indossavo un enorme medaglione pesante e parecchi polsini ed orecchini vistosi (mia cugina una volta mi chiamò "zingara" per il look - indossavo parecchie fasce in testa per nascondermi la fronte ed i capelli poco curati). Ovviamente non potevo mai contestare cosa mi dicessero, altrimenti sarei stata punita, così mi tenevo dentro la rabbia spesso. In quel periodo infatti frequenti furono i miei pianti e lacrime calde versate: ero stressata e volevo solo essere lasciata in pace. Stavo odiando fortemente Livorno ed i suoi cittadini e temevo di diventare come loro.
I miei amici erano Cristina (a casa sua, unica volta, ballammo su un tappetino e ci facevamo le trecce a vicenda), Sara (ragazzina mulatta con cui parlavo spesso), Vilma (ragazzina proveniente dall'Albania, quando tutti la prendevano in giro, specialmente durante una gita con piccolo show interpretante la storia di Artù, Ginevra e Lancilotto, io presi le sue difese), Giacomo (dividevamo la passione per la Cupa Mietitrice) ed Algert (altro ragazzo albanese, non ricordo molto per cui lo frequentavo), ma divenni molto amica intima di una mia quasi ominima, con la passione verso l'adolescenza, del gruppo Beatles (di cui mi appassionai più avanti). Ci frequentavamo spesso a casa sua, e a ricreazione giocavamo assieme a fantasticare su ipotetici fidanzati delle Superchicche inventati da me (quella serie animata era la mia preferita). Ebbi anche la mia prima cotta: il ragazzo era un coetaneo di una classe vicina alla nostra, (visto per caso durante un veloce trasferimento delle mense) un bambino in carne dai lunghi capelli biondi ed occhi scuri. Purtroppo il ragazzino era un po' esaltato ed egoentrico e quando (vincendo un po' la mia timidezza) mi feci avanti per dichiararmi, lui mi liquidò con un insulto al colore dei miei capelli. Nonostante fossi molto amica di questa bimba, rispetto a mia sorella, non invitai mai a dormire qualcuno in casa, perché mia zia diceva sempre "Prima deve pranzare on noi", ma ciò non accadeva mai per svariati motivi, quindi alla fine, anche dopo i 17 anni, non ebbi mai l'occasione di poter fare serata con qualche amica/amico (guai l'amico, è un maschio!) vicino al mio letto. L'unica cosa buona era che abitavo in pieno centro, e non sapendo usare la bici (ne' volevo usare l'autobus) potevo andare in qualsiasi posto e tornare subito a casa. Spesso andavo a trovare i miei nonni o andavo da sola ai parchi, ma altre volte passavo per il McDonald, il posto in cui feci un mio primo compleanno veramente bello, in cui ricevetti molti bei regali (tra cui una Diddlina misura grande): la mia torta era rosa con un Hamtaro che mordicchiava un lapis seduto. I miei compagni comunque sia furono meglio di quelli che ebbi negli anni dopo: quando dovetti fare la mia operazione all'orecchio (soffro e soffrii di otite dannosa) e non potei fare la settimana bianca, al mio ritorno mi fecero una festa con tanto di grosso lenzuolo scritto da loro per salutarmi e ringraziarmi dell'arrivo in classe, che conservo tutt'ora. Cosa diversa invece per quando ci fu il periodo dell'attività annuale sportivca delle classi (non ricordo il nome dell'associazione), perché non amavo molto lo sport, e credendo di essere un peso, non partecipavo mai attivamente alle gare. Anche a scuola, nell'ora di sport, avevo paura di ricevere i palloni (timore vinto poi, anche se avrei preferito evitare tutte quelle prese in giro dalle maestre...) addosso, e detestavo correre per la stanza insieme agli altri. Ricordo che mi punirono perché disegnai sul muro del bagno ("Ma è così triste il bagno, è solo un disegno!" fu la mia risposta), un'altra volta mi ripresero per aver "causato caos" ai miei compagni per averli spinti a spostare sedie per "simulare" tombe per i vampiri (ehm...). Ultimo ricordo, riguarda anche le maestre: disegnai le tre in forme di creature fantastiche, ed una era un mostro, forse il solito vampiro. Quest'ultima mi chiese come mai e io risposi che la vedevo come un mostriciattolo (in effetti era la più antipatica), ma per timidezza e per senso di colpa (una volta prima immaginai di gonfiarla come un pallone per poi bucarla con uno spillo e farla volare via dalla finestra), dissi che disegnai lei così perché per me i mostri erano bellissimi, buoni e fantastici: lei però non credette alla mia versione (comunque sia io credevo davvero ciò essendo amante delle creature mostruose, un po' di fondo di verità c'era) e mi costrinse a cancellare un po' il suo ritratto. Io mi arrabbiai, piansi e lei si scusò: la disegnai alla fine vestita da Superman (un mio supereroe preferito).

Ironie della vita musicali traumatiche con Blahzay Roze: che fine hai fatto? In caso di storie di abusi sulle donne…

Non son riuscita a dormire, ma ormai il sonno mi è passato del tutto. Parlando finalmente con la mia amica fumettista dopo tantissimo temp...