20 settembre 2016

Massacro

Uccidi pure quella bambina che ti ha derubato.
Uccidila pure, offendila.
Uccidi quella signora che poco ti pulisce le scale di casa.
Denigrala anche solo per un giorno.
Uccidi quell'anziano solo per averci provato con te.
Picchialo selvaggiamente per averlo solo pensato di fare.
Uccidi quel ragazzo che piange.
Non sopporti che sia un rammolito, perciò uccidi anche lui.
Uccidi quel bambino che va male a scuola.
Hai troppe cose da fare tu per starci dietro.
Uccidi quella ragazza che si sente incompresa.
E' solo una in cerca di attenzioni, fallita, a che serve mai?


Un massacro, riecco il massacro dentro la mia testa
Mi fanno sentire il tormento dentro di me
Che mi fa tremare le pelli ed il cuore pompa troppo

E' come se cadessi nell'oltretomba

Difatti che ci voglio andare subito all'istante
Voglio levarmi almeno la soddisfazione di uccidere quel fastidio vivente

Voglio la pace nella mia testa
Voglio che se ne vadano via da me
Vi prego, non chiedo molto
solo il silenzio già incombente

Vi odio tutti
Voi odiate già me
Vi prego levatevi di torno, sono per voi di troppo (No?)
Un inutile pezzo di carne già morta per lo stress

Siete solo dei sadici
E malati perversi poichè giocate con la mia testa, dentro
Ribadisco, la malattia siete voi non io

Io son già marcio per causa vostra
Adesso basta giocare con la mia persona
E' tutta colpa vostra se adesso non sono più nelle vostre mani

Il fuoco e l'amore non l'ho più
Voi avete uno strano amore frustrato verso di me
Ma io non accetto nessuno scambio
Tra voi e me, nessuno

Il mio cuore mi fa troppo male
Voglio che smetta di farmi male
Troppo dolore in me

Siete troppi
Io non resisto più come prima
Voglio cadere tra le braccia della dolce Morte

Non ho più sogni grazie a voi
Esseri indefinibili malati come me
Credete di essere migliori di me
Solo perché a voi il cuore batte ancora una volta

Sono morto, non più vivo
Voi volete solo giocare con il mio fisico
Fisico già rattoppato da mille graffi vostri

Ho cercato di nascondermi
Ma purtroppo il mio cuore batteva come il vostro
Era stanco del suo battito solitario
Incontrando altri dolori e dispiaceri

Pentendosi ed essendo felice di ogni vostro incontro
Momento dopo momento
Si è distrutto
Si è stancato
E' morto

Poi tanto morirete anche voi
Solo che nella paura volete uccidere altri
Uccidendo me per primo come cavia
E dato che il tempo è lungo, vi divertirete con lunga calma apparente
Perché io morirò subito

Addio feroci esseri perduti nella vostra morbosità.






Zio, sei stato molto cattivo con me

Voglio dedicare questo post ad un momento orribile della mia adolescenza.
E' un trauma molto forte, ma sono stanca di tenermelo dentro.
Qualcuno già lo sa, ma chi non lo sapesse, sappia che io voglio raccontarlo lo stesso.
Perché la vita non è rose e fiori, certe persone non hanno rispetto di altre, e questa cosa è successa anche a me.
Ero adolescente, forse dopo i 13 anni o prima dei 12, comunque sia non avevo ancora il primo "fidanzato" ed non ero sviluppata di fisico.
Mio nonno da parte di zio era ancora vivo, e li volevo un gran bene (ancora oggi, che ne sto scrivendo, mi trema il fisico a parlarne, i miei occhi si annacquano).
Ci parlavo spesso con mio nonno, scherzando sulla sua memoria in senso buono facendomi raccontare la fiaba di Cappuccetto Rosso. Ma mio zio non lo sopportava molto. La sera quando lo portava a dormire, sbuffava molto, lo metteva di fretta nel letto, e il nonno si lamentava. Io ridevo perché mio nonno era un pò comico nel lamentarsi, ma nei giorni seguenti questa cosa mi avrebbe creato più dolore che risate. Mio nonno si sentiva spesso solo, anche quando non si sentiva di andare in bagno per i bisogni, si lamentava della solitudine, e mio zio gridava di fronte a lui. Io mi spaventavo, ma nello stesso tempo mi veniva tristezza, perché secondo me mio nonno non dava assolutamente fastidio. Tutti quei suoi urli a mio nonno arrivarono a farmi piangere dentro, non riuscivo ad accettare che lo trattasse così. Arrivai a pensare che magari a mio nonno avrei pensato io, dato che la notte non dormivo nemmeno, ma non lo chiesi mai per timidezza e per evitare di rimanerci male, ed anche se lo avessi chiesto non me lo avrebbero permesso, trattandomi da bimba idiota ed incapace. Ma era dura sopportare tutto quel casino. Soprattutto se fatto a mio nonno, che era l'unica persona con cui ridevo ogni sera quando ero da sola e mia sorella non c'era (spesso stava dalla sua amichetta del cuore). Il giorno che morii io non ricordo se piansi, ma credo di no. Difficilmente piangevo per un abbandono da parte di qualche essere vivente.
Mi rimanette mio zio, che un pò detestavo per il fatto di mio nonno, ma non avendo molte amicizie al tempo (stavo tutti i giorni chiusa in casa, dalla mattina alla sera), scoprii che mio zio era molto affezionato a me, perché quando disegnavo era l'unico che mi guardava farlo.
Quando i primi anni disegnavo, mia sorella e gli altri in famiglia un pò erano curiosi, poi cominciarono a fregarsene, perciò io mi rinchiusi nel mio mondo del tutto.
Ma con lo zio era un pò diverso.
"Questa sei tu?" mi chiese un giorno. Io annui, senza proferire alcun suono. "Ma sembri una scimmia" mi rispose lui. Al tempo io mi disegnavo con la testa enorme, con un foulard viola che circondava la testa coprendo la lunga fronte, con gli occhi grandi e con le orecchie che uscivano dai capelli). Io rimasi un pò offesa da questo suo giudizio e controribattei con un:" Non è vero, e poi a me piace disegnarmi così, oh.".
Lui rideva ma a me dava molto fastidio che si criticasse il mio modo di vedermi.
Ma nonostante questo divenne "l'unico" mio "amico" di "famiglia".
E poi era anche l'unico che guardava il canale di Mtv con me.
Ed era l'unico che mi prometteva una batteria come strumento musicale tutto per me.
Ma arrivò quel brutto giorno.
L'unica persona che mi ammirava ogni giorno, mi avrebbe fatto un abominio del genere.
Ero con la mia sorellina di pochi anni sul divano, stavamo guardando un film su d'Artagnan, mia zia era temporaneamente fuori, e mia sorella si stava per addormentare. Mentre ci fu la pubblicità, mio zio venne vicino a me a chiedermi di andare "di là". Io mi domandai come mai, ma andai comunque, dicendo di fare presto perché il film sarebbe ricominciato e non volevo perdermelo. Fu sconcertante. Mio zio mi invitò nella stanza matrimoniale. E mi disse di spogliarmi. Io dissi che non volevo ma lui disse che non c'era nulla di male; io per fare presto mi spogliai subito, sentendomi molto in imbarazzo. Lui si posò nel letto e disse di mettermi sopra di lui, e così feci.
Lui mi chiese come mi sentivo, ed io dissi che mi sentivo parecchio a disagio, ma lui rise.
Io poi chiesi di farmi scendere subito, mi sentivo malissimo a stare in quel modo e lui voleva pure che lo abbracciassi, ma a me dava così tanto fastidio che mi rivestii e andai di là in salotto.
Finito il film (di cui persi la dine) mia sorella andò a dormire (al tempo dormiva nella culla) e poi io andai nel mio letto singolo. Ma poi sentii dei passi, e vidi delle ombre nella luce in penombra del corridoio. Era di nuovo mio zio, che a voce bassa mi tirava per le gambe. Io dissi che non volevo andare di nuovo di là nella sua stanza, ma lui mi fece capire che dovevo andare per forza lì.
Mi fece spogliare di nuovo, ma mi portò stavolta in salotto, chiudendo le due porte a chiave. Io stavo sentendomi molto a disagio, e volevo tornare nel mio letto a dormire, ma lui prese la cintura dei suoi pantaloni e mi minacciò che se avessi urlato l'avrebbe usata addosso a me. Io causa timidezza a paura stetti zitta, ma tanto l'avrebbe usata lo stesso su di me.
Mi ordinò di levarmi anche le mutande, tutto quello che avevo addosso, anche i calzini, e di mettermi a quattro zampe come un cane. Io seguii gli ordini e mi batteva forte il cuore, e feci tutto il giro del tavolo. Ai lati del tavolo lui mi fermava con la cinghia, e se non facevo cosa chiedeva che io facessi, mi tirava qualche cinghiata sulla schiena, così ero costretta a fare cose schifose per cui mi sarebbe venuto il vomito. Ogni tanto mi veniva da singhiozzare per lo shock ma lui mi minacciava, e la paura della cinghia mi faceva sentire confusione nella mia testa. Speravo solo che quel momento finisse. Ma invece sarebbe continuato. Dopo quel suo giochetto perverso al tavolo mi riportava nella stanza (io mi lamentavo ma lui mi tirava per le braccia) per costringermi a farli fare un servzietto con la mia bocca. Feci anche quello, mi sentii malissimo, l'odore mi faceva schifo e non respiravo. Ma lui continuava a comandarmi sotto minacce fisiche, e io continuavo a farlo singhiozzando. Mi venne in bocca e io vomitai tutto quello schifo al water e al lavandino dopo, lavandomi i denti, e sentendomi la nausea forte. "Vedrai che poi ti abituerai" disse mio zio ridendo del mio atteggiamento dopo.
Mia zia tornava che ovviamente non sapeva nulla, come se nulla fosse.
Ma le sere dopo mio zio tornava di nuovo a tarda notte per rifare come la prima sera, e ogni volta era un giro tavolo con petting schifosi alle sue parti basse, servizietto con sperma in bocca e nausea.
Non ce la facevo più di stare ogni notte con il batticuore e l'ansia di ripetere quell'incubo.
Non so quanto durò, ma alla fine vuotai il sacco a mia zia. Raccontai ogni singolo particolare, ero tremante e piangevo, anche se pochissimo, e dopo molto tempo mio zio andò in ospedale, causa problemi di sangue e fegato. Sarebbe morto poi nel 2008, facendomi saltare tutti i miei compleanni cause legali da parte di mia zia. Per anni infatti non feci più compleanni a causa sua. Andai da molti psicologi per parlare di questa cosa. Ma a poco è servito. L'assenza di sfogo ed il fatto di tenerlo segreto anche ai miei stessi famigliari ha prolungato il trauma. Lo so perché nei rapporti dopo con i ragazzi o ragazze non ho avuto pochi problemi riguardo l'intimità, e anche quando pensavo di averlo rimosso, se c'era qualcosa che lo ricordava lontanamente, sbiancavo e piangevo di terrore.
Non credo che guarirò mai da questo, e semmai potessi, passeranno ancora molti anni.
Grazie tante zio di avermi ingannato.


L'altro me dentro di me da una vita intera

Da un pò di tempo mi accorgo che ogni tanto periodicamente mi sento come ero quando ero adolescente. Non di mentalità, sia chiaro, ma come atmosfere, come musiche.
Sarà che come dicevo tempo fa sto tornando alla mia vera persona poco a poco (nonostante ci voglia ancora molto prima di sentirmi davvero la vera persona che sento di essere), e già il mio compagno s'è n'è accorto, anche se per lui sembra tutto nuovo questo mio modo di fare, perché appunto mi conosce solo da due anni, e quando mi conoscette io ero in un periodo in cui cercavo di "farmi carina" solo per compiacere qualcuno, perché ad essere quello che volevo davvero finivo per starci male, anche se a farmi "attraente" mi facevo schifo lo stesso, ma dettagli poco importanti sono questi; dico solo che già vedere le foto che ho del periodo Gens/Exenzia mi viene da tapparmi gli occhi...
Comunque, da tempo lui infatti scherza su di me chiamandomi "ragazzino" per via dei miei atteggiamenti "poco da ragazza", ma all'inizio lo faceva anche quando nei primi giorni che ci conoscevamo, mi tradivo nei momenti di pura felicità, dove la mia voce involontoriamente "cambiava" e a lui sembrava appunto di sentire una voce da ragazzino, e me lo faceva notare ogni volta. Ma il bello è che quando me lo faceva notare da una parte dentro di me sentivo una strana gioia. Gioia perché se davvero pensava quello, allora significava che io ero così, come diceva lui. E non era il primo. Da una vita la gente mi scambia per l'altro sesso. Ho molti esempi, e stasera non so perché, ma ho voglia di scriverne alcuni.
Della mia infanzia ricordo solo che già avere i capelli corti, e quando dico corti non dico media lunghezza fino alle spalle, erano davvero corti, di qualche centimetro. Presumo me li tagliassero per via dell'igiene, chissà. Fatto sta che ero l'unico essere femminile dell'istituto coi capelli cortissimi. E raramente indossavo vestitini lunghi. Ma questo almeno mi faceva piacere perché ero un tipo che amava saltare sugli alberi e correre parecchio, perciò avere vestiti che non coprivano le gambe e le parti intime, e leggeri, mi impedivano di fare certe cose ogni giorno. Ogni mattina infatti ricordo che io mi alzavo prima di tutti, solo per mettermi i pattini roller ai piedi e correre per tante ore intorno all'istituto in cui stavo (periodo dal 1999 - od anche prima - fino al 2001-2002) per poi alzare alcune mattonelle in cerca di insetti interessanti da "salvare" dalle formiche, che tanto detestavo perchè "animali fissati con il lavoro, cattivi e antipatici" (mi stavano antipatiche perché una volta schiacciai una formica volante, e i ragazzi di fronte a me, sempre dell'istituto, mi mortificarono per averla uccisa, e allora da quel giorno odiai a morte ogni formica vivente). Già il fatto di adorare insetti e lombrichi mi faceva risultare una persona non normale davanti a chi conoscevo. Ai tempi io dormivo in una stanza con altri due bambini maschi, ed avevo solo un'amica del mio stesso sesso, che però tempo dopo non avrei mai visto più, poichè aveva già trovato la famiglia che l'avrebbe adottata, quindi i bambini con cui condividevo la stanza sarebbero andati via dopo di lei, quindi la presenza femminile per me ci sarebbe stata davvero poco. E comunque ero già un tipo molto solitario, e non solo per il fatto citato prima di alzarmi ogni mattina ad attività particolari, ma anche perché leggevo fumetti (ai tempi considerata una cosa da ragazzi) e guardavo cartoni animati e film come Godzilla, uno dei miei tanti film preferiti d'infanzia. Impazzivo per i film coi mostri o d'avventura. Film come anche Indiana Jones, Jurassic Park, Ghostbusters... E infatti i miei giocattoli preferiti erano dei dinosauri di ogni dimensione che mi portavo sempre ovunque, pure nei viaggi, oltre che peluche di Pikachu e di draghi. L'unica cosa che mi piaceva, considerata femminile (che comunque mi avevano regalato e che non ebbi per molto poichè persi tutto nel tempo dopo averli ricevuti) erano una pochette maculata bianca e nera con dentro un sacco di perle e gemme di plastica, che mi fece nascere la passione per i minerali e le decorazioni con le perle, che ho ancora oggi.
Quando mi trasferii nel 2001/2002 a Livorno, la mia vita fu più dura e dolorosa di quella che facevo a Milano. Stavo crescendo, ma il mio carattere comunque era quello, e mi risultava molto difficile stare in mezzo alla gente, sopratutto se era gente diversa da quella che conoscevo prima.
Il mio carattere timidissimo poi non aiutava molto. I miei capelli si allungarono e finalmente la gente capiva che non ero un bambino ma una bambina. Ma come già detto, il mio carattere non sarebbe certo cambiato. Anche alle elementari io facevo più amicizia con i maschi che con le femmine. Amando poi le storie di mostri, assassini e vampiri, avevo più affinità con un bambino che amava le stesse cose che piacevano a me. Alle bambine piacevano per fortuna gli stessi cartoni animati che guardavo anche io, ma comunque non mancavano di ritenermi una bambina un pò "diversa" per gusti e modi di fare. Già si confondevano per il mio nome "ambiguo". "Ma tu ti chiami davvero così? Ma non è un nome da maschi quello che hai?" ripetevano un pò tutte le bambine o i bambini che volevano conoscere o parlare con me. Poi verso la prima adolescenza, io non ero ancora sviluppata di seno e non avevo ancora le mestruazioni, e questa cosa mi metteva molte paranoie addosso perché temevo che non le avrei mai avute, anche a causa del mio peso molto leggero, (Perché all'istituto non mangiavo molto e dormivo poco, quindi son sempre rimasta sottopeso) e le ragazzine ovviamente più carine di me, spesso me lo facevano notare. Una volta io e questa mia amichetta delle elementari andammo in bagno, e io essendo la più grande avevo però già i primi peli, e lei si stupì, facendosi sentire poi dal resto della classe. Io arrossii molto e mi venne da piangere, perché mi dissero "Sembra la foresta ammazzonica!". Mi sentii morire, pensavo fosse una cosa per cui vantarmi in segreto, ma quel che successe cambiò la mia idea personale su di me. Cercai di dimenticare tutto, ma sapere che tutti loro sapevano della mia intimità mi dava molto fastidio. E i litigi verso la fine della scuola elementare non tardarono ad aumentare, ovviamente. Il mio unico amico fissato con la cupa mietitrice se ne andò, e io chiusi quasi tutte le amicizie. Solo due amiche rimanettero ancora con me, le uniche che venivano ovviamente denigrate dal resto della classe. Ma solo fino alle medie. Le elementari comunque furono un periodo abbastanza felice perché con queste amichette mi ci trovavo molto bene, ci scambiavo racconti miei di fantasia, e spesso provavo ad essere come loro. A casa della Cristina, provai un suo gioco di danza ed a fare la verticale, con la Sarah provammo a farci le treccine, che mi feci su tutta la testa anche a scuola, per un giorno, con Vilma si usciva spesso, si disegnava (la difendevo sempre quando dicevano che per loro era brutta) e spesso lei mi insegnava qualche parola della sua lingua, l'albanese. Poi quel tempo finì e io cambiai vita.
Alle medie fu un completo inferno. Il primo mio inferno scolastico. I miei compagni non accettavano per niente il mio modo di pormi, la mia timidezza, il mio modo di vestire un pò trasandato.
Io a quei tempi non avevo proprio uno stile definibile, causa anche la mia età (però ero molto ribelle, già alle elementari spesso litigavo per come portavo i capelli o perché non portavo addosso il grembiule) e causa della poca cura verso di me. Avevo una matassa di capelli poco curati, sopracciglia molto evidenti e mi mangiavo spesso le unghie. Inoltre non mi interessava per niente il trucco. Ma i compagni invece di capire perché fossi così (la depressione arrivò molto presto) mi trattarono come peggio potevano. Adoravano strappare le mie cose, prendere la mia cartella, riempirla di scotch, e buttarla come una palla per tutta la classe, e tirarmi le cartacce in testa. E come se niente fosse avevano la faccia tosta di chiedermi i disegni, l'unica cosa per cui mi rispettavano, perché mi consideravano un talento nel disegno. Ma credo avessero più invidia verso di me per le professoresse, perché la professoressa di italiano mi adorava molto. Così tanto che quando un giorno ci fu ricreazione, mi portò davanti ad una sala di proiezione, insieme a studenti di dieci anni circa più grandi di me, a sentire un servizio sulla musica da strada. Io osservai meravigliata quel servizio, e uscii chiedendo come mai avessero portato me lì. Loro mi dissero che secondo loro ero la persona adatta e che volevano sentire il mio parere. Io risposi che il video mi era piaciuto molto, mi aveva preso perché anche io amavo la musica di strada. Questa cosa di ritenermi una persona ancora una volta diversa da loro, ma in modo positivo faceva nascere invidie verso i miei compagni. Non ricordo bene ma non credo di aver avuto amici in classe. Gli unici amici che avevo erano fuori, ed erano una ragazza di nome Samiria con cui poi mi stufai di uscire perché lei aveva la fissa di andare in un posto solo per vedere dei ragazzi che le lanciavano sassi, mentre io volevo sempre portarla in un negozio di dolci, in cui mai lei entrò. Bella roba, direte, o forse no. Altre persone amiche non ricordo invece. So solo che un giorno mentre uscii un compagno allora mio unico "amico" di classe mi dette una botta in testa così dal nulla, e io dissi tutto. Cominciai a stufarmi della gente, rimanendo sempre più isolata nel mio mondo. Fu solo da metà superiori che cominciai a uscire con più gente diversa, e lì son troppe storie da raccontare. Ma lì fu un poco diverso, stavo cominciando a farmi più "carina" anche se mi facevo il doppio dello schifo più totale, perché cominciai ad innamorarmi davvero di qualcuno, e quel periodo fu peggio delle medie. A scuola quasi tutti sapevano chi ero, avevo una certa fama, ma in negativo. E da lì partirono le offese riguardo il mio aspetto ambiguo.
Non essendo un tipo che si lavava molto i capelli, che non si cambiava quasi mai i vestiti (al tempo portavo jeans mezzi rotti che cascavano e felpe più lunghe della mia taglia) facevo ovviamente schifo a tutti i ragazzini immaturi di scuola. Anche lì i compagni non perdettero tempo a farmi scherzi molto più brutti di quelli passati. Il primo anno ebbi come amica solo una ragazza un pò maschiaccio, il secondo conoscetti amici fuori dalla mia classe, per poi conoscere casualmente una tipa molto alla moda che stramente, invidiava il mio fisico. Non ho mai avuto amici che son durati molto. Ma nel primo anno, prima della tizia che indossava sempre giacche lunghe senza magliette sotto e reggiseni vari (a lei riconosco il fattore della mia libertà dai reggiseni), i miei primi amici di classe furono due ragazzi di origine messicana che mi presero in simpatia quasi subito, Jahry e Antar. Da loro scoprii gli Slipknot, il fatto di avere animali domestici "non convenzionali" e poi mi facevano ridere assieme. Ma poi un giorno quello che mi stava più simpatico, Jahry (O Jhary) disse che sarebbe tornato in Messico, e allora non ci sentimmo più. Ho sempre avuto un modo un pò di abbandono in silenzio riguardo le amicizie. Per me, se andavi via, addio, ti lasciavo fare, a mai più arrivederci. Non so che fine abbia fatto quel Jhary, ma Antar continuai a vederlo anche alle superiori, anche se cambiò pettinatura (non aveva più i dreadlocks) e poi divenne attenzione di alcune tizie della mia classe, per cui non ci feci più a che fare e feci altre ennesime amicizie. Conoscetti ovviamente in egual numero maschi e femmine, con la gioia di mia zia che tempo prima si lamentava spesso con un "Ma possibile che stai sempre a casa a disegnare, ascoltare quella musica di merda ed a scrivere cose assurde nei fogliettini?" e "Vestiti ogni tanto carina" e "Quella felpa ha le maniche troppo lunghe" e "Lavati quel capelli ogni tanto" e cose di questo genere, a cui io spesso rispondevo con un "Quanto rompi, zia..." (e lei se le partiva male la giornata aveva già le mani alzate su di me, ma delle botte che prendevo non ne voglio tanto parlare), e cominciai a sentirmi bene finalmente anche con il mio stesso sesso, più o meno. Anche loro non avevano molta cura di loro (certo non al mio livello) e le stavo molto simpatica perché facevo sempre battute che a loro facevano ridere, ma non tutto ciò che piaceva a me piaceva a loro, soprattutto musicalmente. Come la volta che loro a casa di un'altra mia amica disegnatrice, stavano guardando "A tutto Reality" e io a loro proposi "Metalocalypse" ma loro mi guardarono come schifate e io mi sentii molto frustrata dentro. E negli anni dopo loro si sarebbero allontanate sempre più da me. Col tempo a scuola, dopo evidenti delusioni e derisioni varie, cominciai ad essere sempre più ribelle col carattere e con lo stile, provando di tutto, tra il farsi accettare e l'essere me stessa. Fu molto difficile. Cominciai ad essere più stressata, quasi tutti i giorni mancavo nelle ore per stare nel bagno a piangere delle giornate passate a casa e delle delusioni interpersonali. Cominciando poi a piangere di ogni fottuta cosa riguardante il mio mondo: la morte di mio nonno, l'abuso da mio zio, le botte che pigliavo in casa, il mio aspetto, il fatto che nessuno mi stava mai vicino in classe (ero sempre da sola, nessuno voleva stare accanto a me), il fatto dei continui litigi notturni e tanti altri problemi del tempo. Più andava avanti e più io stavo malissimo, arrivai ad avere crampi un giorno fortissimi, e una volta cadetti per svenimento da poca pressione. Stavo dimagrendo troppo e mangiando poco verso gli anni successivi delle superiori, arrivando a fare digiuni per tutto l'orario di scuola. Ricordo che per un periodo feci pure l'elemosina dalla fame. Ma poi quel periodo finì e arrivò il periodo dei piccoli furti. Si, per qualche mese io cominciai a rubare di nascosto cioccolata e crackers vari. La mia unica amica di classe già mi disse che rubava vestiti, ma io non avendo interesse per i vestiti, ed avendo più fame che altro, cominciai a fare questo. Fortunatamente tempo poco dopo smisi, e digiunai e basta. Il mio aspetto comunque si faceva più personale e abbastanza femminile grazie a questa mia nuova amica, e cominciai a conoscere più ragazzi ed ad uscire di più, ma ancora i compagni mi prendevano in giro. Mi disegnarono una volta me sul banco, con al posto della vagina un pene. Io non dissi nulla, ma dentro di me stavo sempre male. Non pochi furono in momenti in cui in preda alla depressione volevo farla finita, ma c'era qualcosa che poi alla fine mi bloccava dal farlo. Credo fosse la voglia di disegnare, la voglia di sentire ancora la mia amata musica, il desiderio di farmi una famiglia mia e quella di conoscere i miei amatissimi idoli. Ovviamente la musica metal, ma ci fu un periodo che per farmi accettare ascoltavo anche musica pop o di quella che andava di moda, ma poi a casa di nascosto ascoltavo altro, perché la gente criticava anche quello che ascoltavo. Nelle seconde superiori (bocciai due volte) i miei compagni di qualche annetto più giovani di me, seppero del mio amore per i Murderdolls/Slipknot/Marilyn Manson e mi deridevano urlando quei nomi per causarmi fastidio. Così cominciai a non dover sentire più la musica in classe, dormendo al suo posto ed immaginandola, ma quelli trovarono altri espedienti per darmi fastidio: tirarmi le patacche di carta con la cannuccia.
Un giorno passarono alla gomma, e per me fu uno dei miei peggiori giorni. Urlai in mezzo alla classe che non ne potevo più e che avrei voluto ucciderli tutti dalla rabbia. Era solo rabbia, perché in realtà di loro non mi importava un fico secco. Ma ero così nervosa e assonnata da casa che quando si misero anche loro a rovinarmi la giornata non ci vidi più ed esplosi. Finalmente, perché di solito non esplodevo mai, nemmeno a casa mi era permesso rispondere, altrimenti giù manate in faccia ed in testa. Non dicevo mai nè a scuola nè a cosa cosa mi succedeva, ero un muro vivente. E soffrivo molto, diventando apatica. Le mie giornate erano quasi tutte vuote, quando non c'era la mia amica di classe ero molto triste, e quando c'era io mi svagavo litigando molto coi professori, con cui non avevo certo un bellissimo rapporto. Non sarebbe servito a nulla fare la "carina" quindi se a scuola dicevano le peggio cose su di me. Così cominciai a non vestirmi più con le gonne e tornando al mio stile di prima, ma di colore nero. Nel periodo dopo i 17 anni cominciai a farmi crescere la fastidiosa frangetta fatta dalla mia amica alla moda Miriam, e cominciai a radermi le sopracciglia da me. Poi venne il tempo in cui mi rasai anche mezzi capelli, ma solo perché volevo "ripulirmi" e perché ero curiosa di vedere se avevo ferite nel cranio. Ero nel periodo in cui mi stavo davvero prendendo un pò cura di me, ma solo per interesse mio. Poi conoscetti Giacomo e Danny, i miei due nuovi sostituti di Jhary e Antar, che poi mi avrebbero aperto un mondo molto diverso. In questo mondo la gente era particolare come me, ma ancora avrei avuto molte delusioni, ed anche lì mi criticavano per il mio aspetto e modo di fare. Ma peggio fu quando dovetti nascondere con chi uscivo. Mia zia non avrebbe mai accettato che frequentassi ragazzi come amici, e perciò mi inventavo di avere anche un'amica con loro due. E cominciai anche a inventare che ero sempre con loro due quando invece negli ultimi anni andavo al Gens per conto mio. C'era chi mi adorava, come per esempio lo stesso staff della discoteca, e lì conoscetti molti ragazzi e ragazze che però mi spezzarono molto il cuore.
Alcuni stessi credevo fossero loro di personalità, ma era solo una loro maschera.
Poi quel periodo finì, e tralasciando ex vari, arrivai a non uscire più con nessuno, finchè un ragazzino non prese una scuffia per me continuando ad invitarmi insistemente ogni giorno. Alle fine uscivo lo stesso, almeno non mi deprimevo e potevo essere sempre più me stessa. E già lì capii che la gente mi scambiava nonostante i tacchi che portavo, per un ragazzo. Qualcosa però stava cambiando dentro di me. Capii che tanto l'avrei fatta franca, e che se mi scambiavano per ragazzo poco mi importava, perché non mi importava più dei giudizi della gente. Anche se ancora oggi se qualcuno a cui tengo mi criticasse e stessi male, delle offese altrui mi importerebbe poco. Se dei ragazzini (fatto vero) mi filmavano mentre mangiavo un panino con il rossetto nero, io ci ridevo sopra. Se mi mettevo a correre alle fermate dei treni con la mia amica per scherzare, non mi importava niente. Se mi mettevo ad urlare e ridere sguaiateamente ballando qualche canzone a qualche festa io dicevo "Embeh? Ti dà qualche fastidio?". Io da bambina la pensavo così infatti. Quando qualcuno mi riprendeva per qualche motivo, fosse decoro o altro, io dicevo:" Per caso se faccio questo o mi vesto in tale modo le rovina la giornata? Le cambia qualcosa se lo faccio o no?". E questo fu uno dei motivi principali per cui facevo andare di matto le persone adulte. Purtroppo un pò di questo mio temperamento lo persi durante le prime giornate nella nuova città per timidezza, ma poi riemerse dopo tanti anni, scoprendo di nuovo il mio passato e tante esperienze. Capii che parlare con qualunque persona di qualsiasi posto ed età mi faceva stare bene, capii che vestirmi da ragazzo mi faceva stare bene, che ballare anche da sola mi faceva stare bene, che scrivere mi faceva stare bene, ecc... Se mi faceva stare bene, che noia davo? Arrivai persino a leggere gli hentai davanti a tutti negli autobus. Ma nonostante questo ancora la mia depressione rimaneva. Anche se mi divertivo ad una serata ore dopo mi pigliava di piangere, così dal nulla. E comunque mia zia mi faceva venire sempre le ansie, non ero del tutto libera di uscire con gli amici come volevo. Ma poi due anni fa, mi convinsi a dare una possibilità ad uno dei miei spasimanti, ed eccomi qua. Tempo due anni ed ho cominciato a riscoprire il mio passato, ascoltando vecchi gruppi che amo, vecchi film, vecchi ricordi, in ricerca della mia felicità interiore. Ma anche adesso è dura, perché essere davvero me stessa imbarazza il mio compagno. Per lui sono troppo un maschiaccio, troppo "fuori dalle righe", troppo strana e questo ancora oggi mi porta ad una nuova depressione apatica verso il futuro, nonostante segua i disegni e la batteria; che alle medie già avevo i desiderio di suonarla una con una mia ex amica un pò "ambigua" , Angie (per cui i compagni mi definivano lesbica, così come alle superiori per come trattavo le mie amiche, ero il maschiaccio del gruppo)... Io non so davvero se potrò mai essere come voglio, perché combatto contro la stessa società per questo motivo, per qualsiasi motivo non mi vuole accettare, e io devo scendere a compromessi, e la mia stessa autostima, bassa a causa di molti più aggettivi negativi regalatomi sin dalla mia più tenera infanzia (scema, scimmia, fantasma, imbecille, down, rom, pervertita, morbosa, matta, depressa, non normale, idiota, cessa, nana, perdente, stupida, orribile e tanti altri) mi fa pensare che forse non sarò mai accettata, e chi magari mi accetta non mi considera molto, causandomi depressione a lungo termine di cui non so come darci un freno. E' una lunga battaglia, che dura da anni.


Ironie della vita musicali traumatiche con Blahzay Roze: che fine hai fatto? In caso di storie di abusi sulle donne…

Non son riuscita a dormire, ma ormai il sonno mi è passato del tutto. Parlando finalmente con la mia amica fumettista dopo tantissimo temp...