24 aprile 2018

Sono stata anche io autolesionista, ma qualcosa mi fermò.

Oggi è giorno di festa, e fortunatamente mi sento meglio, perché mi sono sfogata con alcuni amici e conoscenti il giorno prima. Ho avuto una crisi emotiva della tante, ed ero sola in casa, perché il mio attuale compagno era al lavoro altrove. Non so il motivo, ma volevo sfogarmi per forza, quindi ho finito per piangere più di tre volte di seguito. Non è la prima volta che accade, e già piangevo anni fa quando lui usciva coi suoi amici, quando si stava ancora a Prato ed erano le nostre prime esperienze da conviventi. Molti come giustamente so ed immagino, pensano che le mie allora siano parole da non prendere in considerazione, lasciandomi sfogare chissà quanto lontano, le mie parole di dolore interiore esistenziale attraverso uno schermo virtuale: io allora provo rabbia, sconforto, e stanchezza, tanta stanchezza. Finisco per sembrare un vegetale senza vita nel letto, che lacrima e si copre la faccia per non farsi vedere da chissà quale persona invisibile. Ho sempre pianto da sola, e quando mi capitava di farlo fuori, mi sentivo fortemente a disagio, perché non volevo apparire come una persona malata, da curare. Non volevo che mi dicessero che ero una specie di frignona, o una che faceva la vittima, solo perché non capivano come davvero stessi male. Non capivano che quando stavo male, non avevo sempre la possibilità di sfogarmi del tutto, perché appunto introversa e timida, e perché in casa era sempre atmosfera stressante, quindi sfogarmi in quei momenti sarebbe stato peggio. Un vegetale che immagina se' morire sulla strada, o come ieri, buttandosi nel fiume. Una volta immaginavo me cadere dalle scale, o finire sotto un motorino od una macchina sulla strada. Le mie fantasie di suicidio erano un'alternativa a sentirmi in qualche modo considerata, perché provavo a chiedermi se a qualcuno davvero importasse di me: erano però famigliari, non ex-amici e conoscenti, perché loro non volevo sapessero di come stavano le cose in casa, altrimenti si sarebbero poi allontanati, cosa poi accaduta realmente tante volte. E non sarebbe strano, perché non ero un tipo che parlava molto. Non avevo nemmeno sempre un computer, ne' son mai stata parte di un gruppo, rispettata, per più di un breve tempo. Ma questo non vuol dire però, che quando mi arrivano addosso questi fantasmi mentali, io non possa davvero farli diventare realtà. Non sempre la mia voce interiore che sempre mi ha fatto evitare di esaudirli, è forte, specialmente quando vedi tutto fregarsene di te.

Così, insonne, ho letto un po' di blog, non avendo un qualche nuovo fumetto da leggere, e sono incappata in un articolo su un tema ormai conosciuto da anni, ovvero l'autolesionismo:

https://langolodelrecensore.wordpress.com/2014/05/08/inkheart-diario-di-unautolesionista-anteprima/

Si riferisce al fenomeno dei racconti e fanfiction che trattano come argomento principale questo disagio sociale.
Io ho saputo di questo fenomeno di recente, e ancor prima conobbi alle superiori una ragazza (ex conoscente per qualche anno) che diceva di tagliarsi, come se fosse una cosa che le dava piacere, ma lo diceva in tono un po' divertito, ed io le facevo capire che trovavo la cosa insensata. Ho visto molti video (comunque un argomento poco approfondito da molti media) in cui vennero fatte narrare le vicende di ragazze che soffrivano davvero di questo problema: non assomigliavano per niente a questa mia ex-conoscente, ne' a quella tipologia di ragazze di cui sentivo spesso collegare il problema (presunte emo/scene queen ecc). Erano ragazze normali, che si reputavano bruttine, poco curate che piangevano spesso. Di recente, da qualche anno, una ragazza che voleva stringere amicizia con me, mi rivelò di avere lo stesso problema: lei litigava coi suoi spesso, soffriva per la fidanzata del padre, ed anche se io dicevo lei di smettere di farsi tutto quel male, lei continuava, e piangeva sempre. Mi mandò anche per posta un suo regalo, e su Instagram mi scrisse sotto nuovo nome, ma non ho più ricevuto sue notizie ed ho intenzione di ricercarla.

Si arriva allora al punto: io quando leggevo o vedevo o sentivo parlare di queste cose, dicevo cose come Io non ho mai fatto roba del genere e mai la farò. Ed è così infatti.

Se si parla di lamette su braccia e gambe, però.

Ho ventiquattro anni, e penso sia proprio il momento giusto di raccontare qualcosa che io non ho mai voluto rendere come ricordo vivido nemmeno a me stessa, per poter riuscire a dimenticarlo. Per vergogna, perché non volevo mi considerassero una persona instabile, non sapendo cosa passavo, per sensi di colpa, per ancor più solitudine, e per non far sì che la cosa andasse oltre.

Non ho mai raccontato a nessuno questo mio ricordo quindi, nemmeno sui social, e adesso capite perché. Sapevo del problema, non molto di tutti questi racconti, ma non volevo far sapere assolutamente che per un breve periodo, arrivai pure io a farmi dei tagli addosso.

Non ricordo nemmeno quanti anni avevo, ma ricordo che la cosa non durò molto, e che non la facevo spesso. Accadde tutto quando ero in bagno per aprire le scatolette del cibo umido per le gatte, quando per la fretta mi taglio un dito. Il sangue mi scorre rosso vivo e non poco, ma dolore non ne sento. Da quel momento allora presi una lametta a caso, e provai a vedere se ancora il dolore non sarebbe tornato al suo posto, creandomi un altro piccolo taglio appena sopra le falangi. Non braccia o gambe, ma le dita delle mie mani. Continuai ed un po' di dolore cominciai a sentirlo, ma smisi subito e finii di dare da mangiare alle bestiole.

Ogni volta che ero in bagno, oltre che riservare quel singolo momento di solitudine a certe attività auto-erotiche, mi fissavo le dita e riprovavo a tagliuzzarmele.

Smisi di fare tale pratica solo quando qualcosa mi diceva di smettere. Qualcosa che cominciava a farmi vedere quelle lamette sulle dita come pericolose, da evitare. Ogni volta che le vedevo, mi veniva ansia e per un periodo non le toccai più. Inoltre, non sentivo nemmeno più quella curiosità, ed è stato anche questo motivo che mi ha fatto pensare di evitare di cercare di andare oltre.

Purtroppo, anche se smisi di tormentarmi le dita, i miei sfoghi, seppur di motivo diverso, si fecero più visibili e nelle mie parti corporee più estese: mi graffiavo letteralmente la fronte, le spalle, le braccia, il collo, il mento e le guance. Il motivo era semplicissimo, mi vedevo brutta, mi dicevano che ero brutta e quindi, non potendomi coprire la faccia ed altro, mi sfogavo in questo modo. Mi sentivo a disagio fortemente ma il tic era più forte e quindi mi lasciavo andare a questi sfoghi pure in classe. Nessuno mi stava accanto e quindi potevo farlo con meno sensi di colpa, complice anche la mia torretta di astucci, libri e quaderni, che usavo anche per celare alcune mie attività vietate, quali leggere di nascosto o disegnare. Mi grattavo anche mentre dormivo, e potevo usare come scusa la mia gatta Lilou d'avermi graffiato, perché volevo sfogarmi, non riuscivo a non farlo, e non volevo però che la gente intorno capisse qualcosa di quelle cicatrici. A volte esageravo, e per due o tre volte rischiai di farmi dei grossi buchi in fronte (mio padre seppe anche chiamandolo il terzo occhio, causandomi sensi di colpa), e mia zia, vedendoli, mi lasciò andare a scuola con dei cerotti in faccia. Mi risero contro, e io anche se era vietato dal regolamento, mi coprivo questi cerotti col cappello, e quando era il mio periodo da frangetta, con quest'ultima. Mi grattavo anche nel collo, ed anche nel capo, perché avevo segni di botte creatomi nella mia fase sonno.
Non ho più continuato poi negli anni successivi, perché la pubertà stava andando via quasi a scomparire del tutto, e la mia autostima cresceva un poco, uscivo e cercavo di adeguarmi agli standard sociali, ma come tic è rimasto qualcosa attualmente.

Un'altra cosa, per finire, fu il mio particolare sfogo autolesionista nel grattarmi le sopracciglia fino a farmele cadere letteralmente (nel 2014-2015 me le rasai proprio perché lo odiavo e volevo essere libera nel volermene disfare, non certo per somigliare a Joey Jordison come tanti avranno pensato: inizialmente disegnate sopra, poi rasate un poco e disegnate, poi disegnate e rasate complete, e poi solo rasate a nudo), così come grattarmi la cute e fronte per farmi cadere la pelle morta (come adesso pure, ho la pelle abbastanza grassa penso, e ho sempre problemi di dermatite, tipo atopica, basti che vi ricordi la mia sudorazione eccessiva, la mia forfora evidente in estate causa anche stress, e quel mio grave problema alle mani doloroso nel 2015 -avevo la pelle delle dita che si staccavano e facevano un male cane-): queste qualcuno le notava, e io cercai sempre qualche espediente per potermi sfogare senza farmi vedere perché ripeto, mi sentivo fortemente a disagio, ma volevo continuare la cosa in santa pace.

Proprio per far capire ancora una volta, che questo problema non è così semplice e scontato, così come non è una moda ne' una cosa che ci piace far notare, dico che adesso, a parlarne, sento imbarazzo nonostante fossi all'epoca una ragazzina, nonostante io non facessi quelle cose per seguire appunto una moda, ne' per apparire faiga. Agli altri dicevo sempre che erano cose insensate e tristi solo perché io non le facevo in modo evidente, ne' perché non volevo appunto farlo sapere. Ma ogni volta che leggevo di casi simili, con ipocrisia cercavo di allontanare quei ricordi, sentendomi addosso un forte senso di colpa, come il venir marchiata a fuoco come malata morbosa.

E non esagero nemmeno, quando dico che a ricordare, ed a scrivere tutto questo, mi senta quasi come quando allora vedevo da lontano le lamette del bagno, TERRORIZZATA. Sì, scrivo in maiuscolo perché è un terrore così grande che si può descrivere solo così. Avevo seriamente paura che avrei toccato un giorno il fondo, uccidendomi sul serio, un atto di volontà che mi venne dal nulla, anche se fino ad allora facevo quei trattamenti autolesionistici sopra di me senza farmi paranoie. Guardavo quelle lame con gli occhi sbarrati, ansia e timore agli estremi, quasi fobia.

Voglio così smontare, e raccontare un altro anneddoto rinnegato da me stessa, quella falsa voce che farsi del male sia una cosa da reputare cool, perché così non è. E non tutte ci riescono a passare sopra, come stranamente è accaduto, quasi, a me.


Uno Sbaglio Dal Passato

Quasi ogni giorno, quella donna pallida ed eterea, si avvicinava a quel ragazzo deriso dalla maggior parte della scuola.
Lo salutava sorridendogli a gran sorriso e lui la vedeva, ma era troppo indaffarato dagli impegni scolastici per ricambiare il saluto.
Ogni notte quella donna alta e luminosa come la luna, dai lunghi capelli come onde, andava nella stanza del ragazzo per dormirci assieme.
Lui la vedeva e faceva capire che gradiva la sua compagnia.
Quella donna senza voce ne' nome, rideva con lui e lo accarezzava.
Quella donna non esisteva davvero, era solo nelle fantasie di una persona della stessa scuola del tipo, una persona che aveva perso la ragione e testa per lui, ma che non riusciva a farsi avanti.
Una donna che immaginata, dopo questi pensieri era causa di ancor più dolore a chi la pensava e l'aveva creata allo stesso tempo, come sorta di maschera mentale illusoria.
Poi la donna sparì, e la vera sé sogno quella notte di poter toccare la sua fiamma segreta, di divertirsi con essa sulla neve.
Un sogno che cancellò gran parte dei suoi tormenti emotivi, tanto che sembrava la realtà, dandole un poco di conforto alla sua frustrazione emotiva.
La donna invisibile tornò, ma sotto le spoglie di un racconto su carta, poesia delle tante scritte dalla sua autrice, e regalate per vincere la paura, seppur sbagliando il messaggero pur di tentare in qualche modo che il messaggio arrivasse al diretto interessato.
La donna venne uccisa assieme alla sua creatrice, morendo dentro il suo cuore, mentre lei rimase come pietra.
Non fece nulla per evitare di peggiorare le cose: lei era uno sbaglio, una da cui stare alla larga, una che non stava bene di testa, quindi rovina per chiunque, e non solo del tipo di cui aveva preso la cotta.
Tutto quasi morì quel giorno, ed anche se nessuno ne parlò più avanti, lei non scordò niente, neppure il dolore e la vergogna, tranne le poesie e tutto quel che fece questa donna nei suoi testi descritta.

Ironie della vita musicali traumatiche con Blahzay Roze: che fine hai fatto? In caso di storie di abusi sulle donne…

Non son riuscita a dormire, ma ormai il sonno mi è passato del tutto. Parlando finalmente con la mia amica fumettista dopo tantissimo temp...