30 aprile 2018

Le mie scuole medie ed “amici”

Periodo che ricordo pochissimo.
Ricordo solo…
Una delle prime intime amiche dopo tanti anni (l’ultima ed unica ancora prima, era Alessandra delle elementari), Angie.
Angie non era italiana del tutto.
Angie mi regalò una statuina a forma di angioletto coi brillantini un giorno in classe.
Avevo tredici anni, quasi quattordici.
Io e lei andavamo per i corridoi tenendoci per mano.
Fu la prima persona con cui desiderai formare un duo musicale, una band.
Angie possedeva un garage, che spesso andavamo a visitare assieme, di suo padre.
Non possedevo una batteria, e non potendola comunque usare in casa mia, decidemmo di fare questo progetto assieme, che non andò mai in porto.
Lei era fan delle Tatu, anche se non lo diceva spesso, ma io lo avevo capito.
Angie, col passare del tempo, era sempre più aggressiva, più lontana da me, arrabbiata per colpa di alcuni professori.
Angie, vedendo che alcuni compagni miei mi avevano scoperto dei miei disegni erotici nel mio diario scolastico, mi disse di bruciarli. Io mi rifiutai con suo stupore.
I compagni ci guardavano sempre male, me ed Angie.
Poi ci fu Samiria.
Samiria aveva un vasto gruppo.
Samiria aveva l’abitudine di suonare al mio campanello per uscire noi due fuori, verso l’ora di pranzo, che però a casa allora era molto tardi, durava le due-tre del pomeriggio quasi.
A mia zia questa cosa cominciò a dare enorme fastidio.
Con Samiria volevo condividere una prima visita al grande negozio di dolci nel centro città (dove allora vivevo), ma ciò non accadde mai.
Samiria invece andava a farsi tirare sassi o urlava con un gruppo di ragazzi di un quartiere vicino. Io la lasciavo fare tenendomi lontano, non capendo che gusto ci trovasse. Lì fortunatamente c’era una bella edicola di fumetti e libri usati.
Samiria la mandai a quel paese in uno di quegli insulsi giochetti del parco/quartiere dei ragazzi tira-sassi, ed andai nel negozio da sola.
Samiria tornò tempo dopo, chiedendomi di fare da palo-messaggero ad un tizio vicino a me.
Poi la incontrai ad un carosello, a cui mi fu vietato di salire sopra con lei, solo per fare invece compagnia a mia sorella a cui già avevo fatto fare giri prima.
Samiria pianse molto tentando di farmi andare lì, ma io avevo paura che mia zia mi scoprisse, e che quindi mi picchiasse, così fu tutta una mezz’ora di suppliche e stress.
Samiria smise anche di citofonarmi.
L’amica di Samiria invece si fece pù presente dopo, ma facendomi conoscere ad uno pseudo-gruppo che si faceva chiamare come un telefilm di allora incentrato su un gruppo di amiche che facevano spesso i pigiama-party.
Questo pseudo-gruppo si divertì il primo giorno a insultarmi per poi farmi tornare indietro più e più volte. Mi stancai allora di questo gioco e non ci fu più una seconda volta come incontro.
Poi venne Jennifer, anche lei non italiana.
Jennifer stava in un quartiere popolare.
Quando mia zia seppe cominciò a voler che io non la frequentassi più.
Ma non fu per quello che la cosa si realizzò.
Nonostante la facessi ridere e mi trovassi bene in casa sua, lei si approfittava di me facendomi scherzi come buttarmi la faccia nel lavandino o nel water, o copiandomi alcuni compiti.
Sognai lei ridere di me davanti tutta la classe.
Poi vennero gli altri compagni di scuola.
Questi compagni mi chiedevano ritratti e si congratulavano con me per il talento.
Questi compagni avevano uno tra loro, che fuori da scuola, assieme ad un altro tizio, mi dette uno schiaffo addosso. Si facevano passare per miei amici.
Questi compagni mi tiravano lo zaino per tutto il pavimento, riempiendolo di scotch.
Questi compagni probabilmente erano invidiosi del fatto che avesse la prof d’italiano simpatie per me.
Questi compagni mi chiedevano se avevo vestiti perché andavo spesso con la stessa maglia per giorni di seguito, o se mi lavassi, perché tenevo i capelli in disordine e poco puliti.
Questi compagni mi davano della stupida, matta e perversa.
Non ricordo altro, se non che, mandati a fanculo molti di questi, tornai ad essere sola, frequenando così solo i vu’ cumpra’ e clochard vicino alla mia scuola, di cui molti non erano a conoscenza, perché volevo nessuno sapesse.

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