10 settembre 2016

Freddo

Era una giacca lunga di un tessuto spesso e morbido, e molto caldo, posata su un letto disfatto. Lei la prese e la apriì, controllando che non ci fossero peli di gatto sopra. La stanza era vuota, molto polverosa; non la puliva da anni lei.
Non vuoi mai spazzare quel pavimento.
Quel pavimento caldo, dove ogni giorno ci passava con i piedi incalzati o con le scarpe da ginnastica della Converse, molto economiche perché detestava le scarpe "eleganti e femminili".
Non indossi mai roba carina da donna.
Accarezzò il tessuto interno della giacca, molto lucido e sottile rispetto a quello esterno, notando i buchi dentro le maniche.
Quella giacca è troppo lunga; oggi te la porterò ad accorciare.
Si sedette un attimo sul letto a sospirare, guardando nel vuoto. Aveva voglia di uscire, ma nello stesso tempo la sua pancia piena di thè caldo dentro le faceva sentire un senso di pesantezza.
Stai sempre chiusa in casa, non esci mai con degli amici.
Si sdraiò con la giacca in mano poichè le venne un attimo veloce di svenimento, di quegli attimi in cui il suo cervello si spengeva per qualche manciata di secondi e vedeva tutto bianco.
Sei dimagrita molto da quando ci siamo conosciuti, prima eri un po' più in carne, avevi un viso tondo.
Per qualche secondo rimase ferma nel letto, per poi aggrottare la fronte e lisciarsi i lunghi capelli corvini. Si strofinò il naso che tanto detestava.
Odio il mio naso, mi fa soffocare ogni volta. E di profilo lo odio ancora di più. Non preoccuparti, faremo levare anche a te un pò di centimetri alla base per farti respirare meglio. No, io voglio levarmi queste narici enormi, levare quel tondo di carne in eccesso che quando lo tocco va su e giù come se fosse incollato male alle ossa.
Si alzò, camminando a strascico verso l'altra stanza, perché le scarpe erano altrove, dove tutto ciò che le apparteneva era lì, organizzato per farsi riconoscere dai suoi ricordi.
Sei disordinata. No, è solo il mio modo di sistemare le cose, perché le voglio accanto a me sempre. E' per questo che adoro mettermi tutti gli accessori addosso, e poi il disordine è altro, tipo mettere il cibo in mezzo ai libri, o lasciare le cose sparpagliate. Mettere le mie cose in ordine sul pavimento non è disordine.
Beh, stai male allora.
Pensò a tutto questo. Quel "stai male" ripetuto troppe volte la addolorava passivamente.
Si mise le converse e i pantaloni da tuta semplici perché tanto non voleva che qualcuno la guardasse.
Se usciva era solo lei. Lei e i suoi fantasmi. Lei e i suoi fantasmi e... altro.
Stai sempre a faccia in giù, non guardi mai nessuno negli occhi...
Appena uscita controllò se non c'era gente in giro. I pochi che c'erano le davano senso di disagio.
Non amava essere osservata, per questo a volte si nascondeva il viso in un cappello o nel suo velo lungo nero regalatogli dallo zio e dalla zia filippina tanti tanti anni fa.
Ovviamente a te, nipote, te l'ho preso nero. Ed era pure l'unico gigante tra tutti gli altri. Io amo i veli neri, zio. Così lo poserò nel letto con qualche perla attaccata sopra come chiusura.
Pensieri che si ripetevano: anche prima mentre cercava la giacca ricordò i tanti tessuti nero pece che aveva nell'armadio, tra cui quel velo nero dello zio. Passò dalla parte della fabbrica, dove c'erano sterpaglie mezze morte con le foglie.
Mi piacerebbe tanto entrarci dentro, solo per starci e basta. Voglio sentire com'è.
Ricordò di quella volta in treno, anni fa, quando ancora frequentava la scuola superiore. Lei stava guardando fuori dal finestrino, ed uno dei suoi recenti amici esclamò di guardare all'istante qualcosa fuori e lontano. "Lo vedi? Hai visto?" indicò, ma lei osservava molto attentamente lo scenario per capire cosa intendesse. "Si, è davvero bella, direi meravigliosa...". Il ragazzo era incredulo e rispose:" Bella? Semmai belli! Cosa stavi guardando?"... Lei si prese un piccolo secondo di ansia. "Ehm... Io pensavo intendessi quella fabbrica con il tetto cadente...".. Il ragazzo rise e finiì con un:" Ma cosa? Quella casa rovinata? Io intendevo i fenicotteri! Come puoi trovare così bella una cosa distrutta?". Anche lei chiuse l'episodio sussurando:" Eh già..."
Ma dentro di lei continuò a pensare alla fabbrica, che ricordava ancora adesso.
Tutti a ripetere che era strana, qualunque cosa dicesse o facesse. O per cosa le piacesse.
La musica, per esempio. Che quando in casa la criticavano lei cercava di nasconderla o non farla conoscere, alternato a momenti in cui sperava di far "capire" il suo mondo, lei si sentiva morire. Cadere, venire come denudata davanti a tutti.
I ragni stanno nei posti polverosi, abbandonati. Odio i ragni, mi fanno impressione.
Quindi io sono un ragno, faccio qualcosa per aiutarvi e voi mi insultate. Mi considerate qualcosa di anomalo anche se fa cose utili alla casa, non è così, teste di cazzo tutti quanti?
Accarezzò il suo ciondolo a forma di ragno nero lucente regalatogli un dicembre passato. Glielo regalarono assieme ad un fedora nero; adorava quelle cose, anche se si aspettava altro.
Desideravo la batteria. Quella per suonare. Perché non posso averla? Non è giusto. Desideravo un mp3, costano poco, mia sorella me lo ha rotto già dal primo giorno che lo ricevetti. Desidero un computer per poter disegnare in digitale, così sono come quei 14enni che col disegno fatto al computer sono già abbastanza bravini, perché quello prima si è rotto e mi devo accontentare di disegnare in tradizionale. Desideravo che mi avreste considerato di più. Che la smetteste di offendermi con parole pesanti ogni volta. Desideravo avere il mio spazio rispettato.
Non stai nemmeno rispettando te stessa. Loro cercano, tu complichi le cose.
I suoi globi oculari si bagnarono un poco, sentì una morsa dentro il petto e la labbra tremare. Voleva tornare a casa solo per non farsi vedere lacrimare dagli occhi, non perché stava male. Perché lei stava spesso male quando era fuori. Tutto fuori le faceva da spazio e luogo come conforto inaspettato e abitudinale di commozione e malinconia.
Perché non parli? Per tirarti fuori le parole di bocca ci vogliono le pinze. O le botte, come i muli, perché voi siete come gli asini, non capite mai niente. Te poi, Alex, sei una testa dura, sempre in silenzio e per i fatti tuoi! Quindi, tu, mi regali un ragno solo per farmi capire che sono una classica pecora nera di casa o perché tenti di comunicare con me? Che volete da me allora? Non vi va bene niente di me! Fate i simpaticoni e a volte mi aiutate, ma in altre tutto il contario! Basta!
Se solo non glielo avesse regalato lei, quel ciondolo... Come quello con il suo nome iscritto sopra, regalatole sempre un Natale fa, con le foto di sua zia e il marito defunto.
Se solo tu provassi a dire quel tuo segreto, avresti i tuoi cugini contro di te, poichè son i loro figli. Che merda. Posso morire? Voglio morire sopra un blocco di marmo freddo di qualche casa abbandonata, come scrissi in un mio racconto alle superiori, sul sonno apatico materiale.
Tornò dopo mezz'ora in casa, anche se avrebbe voluto camminare ancora. Ma il fattore della gente che andava e veniva in quelle zone la disturbava molto.
"Oh dov'eri fino ad ora?" chiese il suo fidanzato come di solito faceva quando la trovava in giro o mentre si spogliava delle magliette sudate.
"Lo sai, ero in giro come sempre... Ne ho bisogno. Non mi sono incontrata con nessuno."
Lui face una faccia perplessa. "Mah, sei strana."

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