10 settembre 2016

Caldo

Ma quale allegria. Ma quale divertimento.
Mi pareva di morire ogni volta che mi ci portavano, a forza o no.
Mi sto riascoltando il caro Wednesday13 (uno dei miei tanti gruppi preferiti della mia adolescenza) e la canzone che sto ascoltando, "Ghoul of my dreams" mi fa pensare al fastidio che provavo ogni estate, un pò ciniche, un pò divertenti le immagini che viaggiano nella mia mente.
Notti insonni, zanzare che tra tutte le persone che stavano nei miei dintorni, venivano proprio da me a fare il loro pasto. Odioso. Le persone abbronzate. Criticavano la mia pelle pallida - solo raramente era dorata, ma bruciacchiante - perché davo nell'occhio.
I capelli che mi sudavano dietro la schiena - li avevo lunghi fino al bacino nella mia prima adolescenza, una cascata di boccoli rosso ramato - e che per tenerli su dovevo farmi una coda molto alta e che mi tirava troppo gli stessi capelli; al che la sera sciogliendogli sentivo le tempie pulsarmi di un dolore pungente. La sabbia. Quella sabbia, di cui l'unica cosa che me la faceva piacere era di mettermela nei capelli e farla volare via, o di tirarla via con le dita dalle ciocche. Cosa che invece piaceva poco a mia zia, ma io mi divertivo troppo a sezionarmi i lunghi capelli alla ricerca di quei piccoli cristalli di sale. Un pò meno piaceva anche a me che me li lavasse subito togliendomi questo mio giochino anti-stress estivo. E detestavo molto quando la sabbia era dura, e mi andava nei sandali di plastica formando del fango, che solo a vederlo mi veniva da vomitare. Ogni volta per evitare questo schifo mi ribagnavo le odiose ciabatte, e camminavo in modo da non sporcarmele troppo, e era una fortuna se per pochi tratti riuscivo a raggiungere la doccia per lavarmi i piedi e quelle calzature, o dei pilastri asciutti in cui poter camminare tranquillamente, perché quando invece mi si sporcavano, AAAAAARGH, e tornavo indietro un'altra volta.
Poi non sempre volevo fare il bagno, e quando volevo non potevo. Quando non volevo mi costringevano e dopo mezz'ora già le mie labbra erano blu/nero come i rossetti scuri, e tremavo peggio di una foglia negli ultimi giorni di autunno, morente. E odiavo bagnarmi i capelli, che dovevo asciugare sopportando la calura estiva appiccicosa. Quando non potevo, era perché avevo appena mangiato, o per scappare da mia zia che mi rompeva le scatole seduta ad abbronzarsi, SENZA OMBRELLONE. Si stava spesso dalla mattina presto fino a tarda sera. L'inferno.
I miei occhi diventavano uova al tegamino, la mia pelle faceva la muta di un'aragosta e il mio cervello diventava un brodo. Volevo scappare. Ma non potevo. Ed ai tempi non avevo nemmeno degli amici, e se ne avevo, ovviamente voleva mia zia che stessi con mia sorella, anche.
Mia sorella che faceva la fastidiosa con i pochi amici che avevo già in altre stagioni (incluso il mio penoso 18esimo compleanno, tra coca cola versata nei pantaloni e schiamazzi triviali).
Perché stare da me sola, quando mai. Rarissime volte, eh. E se non mi piaceva una spiaggia (di quelle pubbliche negli ultimi anni in cui mi portavano, per risparmiare, ed il più delle volte) e me ne piaceva un'altra, non mi lasciavano andare. E quando andavo da me nei primi vecchi tempi nei bagni a pagamento, mi annoiavo a morte, quando non c'erano le bancarelle - altro motivo per cio forse mi poteva piacere l'estate, ma non vale perchè i mercatini in fondo possono essere fatti anche nelle altre stagioni, ma i bambini ne facevan di più in quel dannato periodo dell'anno - perchè non c'era niente, le musiche facevano schifo, sempre i soliti tormentoni, che si mi ricordavano un pò l'infanzia ma non avrei mai ballato quella roba. E poi non cuccavo mai. Non che mi interessasse, i ragazzi carini secondo i miei gusti, lì, non c'e n'era nemmeno uno a chiamarlo, e quando mi capitava qualcuno, ovvimaente non mi piaceva e comunque accadeva molto di rado.
Questo è il minimo orrore estivo che provai tanti anni fa. Ma d'estate ho sempre avuto anche altri grattacapi, tra meduse, strilli, insonnie, bulli, bagnini assenti, menefreghismo...




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