27 agosto 2017

FUMETTI DIMENTICATI_3_New Generation Nightmare

Siamo quasi alla fine del periodo estivo, e mi sto sempre incasinando con vari progetti e vari obiettivi, aggiungendo anche gli impegni per un trasloco col mio attuale compagno verso una nuova casa, immersa nel verde più rigoglioso (comunque sia lontanto da fabbriche e dal centro) e più grande. I miei sogni invece sono sempre più pieni di angoscia e tendo ancora a perdermi in mille pensieri, come se non avessi detto abbastanza. Settimane fa tornai nella mia vecchia casa, per riprendere altre mie cose lasciate lì da tempo, nella cantina: le cose che son rimaste quasi integre sino ad oggi, perché spesso durante la pioggia molti scatoloni si bagnavano e cosa c'era dentro marciva col tempo. Ho molto dolore al ricordo, ma anche al ricordo di quel giorno che mia zia mi constrinse a buttare via tantissime mie riviste (ed anche miei disegni, ahimè) nel cassonetto. Quel giorno piansi tantissimo, perché per me cosa creavo nei fogli era come un pezzo della mia anima, una pelle strappata via, e più cose buttava, più io tentavo di riprendermele, anche se bagnate, pisciate o ammuffite che fossero. Quella sera la odiai tantissimo e cercai di non comunicare nemmeno con gli sguardi con lei, a meno che non fosse rabbia velata, contro lo scempio che aveva fatto prima.
Ma questo è solo un doloroso ricordo, e forse, a causa di questo che spero sempre di trovare qualcosa di mio dimenticato da tempo, in quella vecchissima cantina umida.
Il fumetto che ho trovato infatti, è bagnato su tante parti, non vecchissimo (lo disegnai al tempo delle scuole superiori, comunque sia sembra passata un'era), ma è una delle poche cose che mi lasciò "salvare" da quella cantina, poichè non pisciato dal nostro cane Nathan (cane lupo/husky, autore di mille distruzioni di cose a cui tenevo, tra cui una statuina a forma di scoiattolo fatta di solo legno, ed un pupazzo piccolo a forma di squalo: quando scoprii le sue malefatte volevo strozzarlo) e non con sopra qualche tipo di muffa simile a vomito secco come humus.
Quando ero alle superiori, tra le tante amicizie di passaggio, avevo una ragazza di qualche anno più grande di me (in classe non avevo nessun amico speciale, stavo sempre in disparte perché i miei "coetanei" -in realtà più piccoli di me di età- si divertivano a prendermi in giro per ogni cosa, quindi preferivo farmi amici fuori da lì; inoltre avevo tutto un mio modo di stringere amicizia, diverso dall'avere amici in un luogo di "tutti i giorni", che spiegherò più avanti), che conobbi in seguito ad una giornata abbastanza tranquilla, tramite un'altra sua amica dopo un fatto. In classe mancava la prof e quindi tutti miei "compagni" avevano un po' di tempo libero a disposizione. Io, che come al solito non avevo il materiale (non è che si stesse così tanto bene economicamente in casa mia, e io non volevo peggiorare la mia situazione con mia zia richiedendo soldi per cose che tanto avrei fatto di malavoglia: ero spesso sotto stress e anche a causa della mia bassa autostima e voglia di stare per i fatti miei -nonchè anche a causa di vari disguidi coi prof, che mi detestavano-, non dicevo niente e lasciavo scorrere le mie giornate prendendomi anche un bel po' di note sul diario), uscii dalla porta del laboratorio di scultura (avevo un compagno stupido poi che me le rovinava sempre) e mi sedetti sugli scalini, intenta come al solito a pensare chissà cosa, nelle mie solite riflessioni sulla vita, sulle guerre, sulla religione, sui sogni, sui miei ricordi, sulla rabbia che avevo dentro. Mi accorsi dopo un po' di una ragazza che stava disegnando su un taccuino, mai vista prima. Mi avvicinai e le chiesi cosa stesse disegnando e perché era lì. La ragazza era Francesca, ora conosciuta sul web come Kriskekka, che disegnava già allora benissimo e molti stile manga, particolarissimo e dettagliato. Non ricordo molto della conversazione che ebbi con lei la prima volta, ma già ci mettemmo d'accordo per rivederci un'altra volta; poi la salutai e rientrai nella stanza. Incontrai così una futura "amica", ad una biblioteca di soli fumetti, giorni dopo. Queste si conoscevano perché amanti del fumetto, del cinema e cartoni animati. Questa ragazza era Marina, stessa età di Francesca, molto più loquace e aperta dell'ultima. Le chiesi se sapeva disegnare (non molto ma le piaceva farlo), e mi disegnò, su richiesta, tre miei personaggi preferiti di film horror del secolo scorso: Freddy Krueger, Jason Voorhees e Michael Myers (avevo una leggera ossessione per le cose splatter, eheh). Stringemmo amicizia perché lei si incuriosì dei personaggi che amavo, e le nostre serate erano spesso passate a parlare di film horror, gore, thriller... Inoltre ci piaceva il mistero, Halloween, la notte: quindi avevamo molte cose in comune, ma penso che alla fine lei sia rimasta con me perché la facevo ridere parecchio.
Questo fumetto nacque a "due mani", con lei. Era la prima volta che facevo qualcosa del genere, perché di solito non mi piaceva fare cose di gruppo, ma tanto per fare qualcosa di nuovo, mi convinsi e disegnai la sua storia, scritta (lei amava più scrivere).
Ovviamente, le scene, i dettagli, lo stile (anche se in realtà io non ero molto abituata a quel pseudo-manga, ma al tempo mi regalarono un grosso libro tutorial su quello stile, e vedendo che ai giovani piaceva di più quello stile di disegno, provai a fare esercizi per impararlo) e lo stesso character-design di me, lei, ed altri personaggi, lo decisi io, perché facevo questa cosa più per divertirmi a creare aspetti che non esistevano nella realtà (solo il mio personaggio era realissimo: quei vestiti li indossavo davvero nella mia vita vera a scuola): il look di lei infatti lo inventai io, e a lei piacque subito senza ripensamenti. Il fumetto, colorato solo per poche pagine (e solo quelle mostrerò), lo disegnai e colorai sempre in orario di lezione (sennò avrei dormito: tanto stavo in fondo alla classe).
Il mio personaggio però caratterialmente (a parte la descrizione decisa da me in didascalia nelle prime pagine) era tutta roba sua, poichè lei scrisse la storia su dei fogli, con tanto di dialoghi e nomi.
Premessa: le prime tre pagine, furono pubblicate da me nel mio primissimo account di Deviantart allora, e anche sul gruppo che creammo io e lei, basato appunto su questa sua serie, di cui io mettevo anche una versione con testi in inglese (modificati con un paint orribile): le pagine che ho ora infatti sono bagnate e più sporche di quando le scansionai sul sito. Le restanti, a colori, invece, sono attuali, non essendo mai state pubblicate online (e più scurite adesso perché quasi illegibili).
Questo era l'aspetto di noi tre, chibizzato: a sinistra Francesca, in mezzo io, ed a destra Marina: anche il character design di Kriskekka lo decisi io, come i colori suoi.

Pubblicata sul mio account il 22 novembre del 2010, era basata sul primo capitolo, da lei definito:" La Chiamata". Il logo lo decisi sempre io, omaggiando la famosa saga di Wes Craven (rip grande regista). Il look di Mari è completamente inventato, infatti quella gonna che le feci, era un altro omaggio a Freddy Krueger (ricordate i colori del suo famoso maglione sgualcito?).
Per chi non fosse fanatico del genere, Haddonfield è la famosa città della saga di Carpenter, Halloween (esistente davvero in USA). La scuola è inventata, ovviamente americana. Il cognome di Mari fu deciso da lei, così come forse anche il mio (Dida era una scoiattolina che creai nel 2008, dal mio fandom degli HTF -sempre roba gore/splatter-). Le nostre età erano reali, anche.
Lei mi dipingeva come una persona energetica (boh), ma in effetti lei, essendo una tipa parecchio in carne, ed io magra, aveva ragione ad immaginarci così. Sì, scuola americana: ci sono gli armadietti.
Nessuno ha mai visto il seguito di questa serie, a detta mia, un poco imbarazzante. Descrizione sempre sua, look anche furrosi, creati da me (però gli animali scelti da lei). Non credo comunque che fosse wiccan anche nella realtà: non le ho mai visto fare omaggi e niente che lo facesse pensare in casa sua. Era solo appassionata di magie, evidente la sua fissa per Yugi-Oh. Come non credo che nemmeno avesse avuto una bisnonna strega: era tutto inventato, parte del personaggio.

La didascalia "bagnata" dice:" E mi piace fare battute": questo era vero, facevo battute ogni secondo, anche quando io e lei si andava in giro. Quel "ti amo, baby" lo aggiunse lei (lei era più fissata coi manga/anime rispetto a me), io non avrei mai pensato una cosa del genere (però quella faccia la avrei avuta, avevo una cotta davvero per quel killer cinematorafico) Il pipistrello era il mio animaletto domestico secondo il fumetto (forse era il mio vecchio personaggio City, che creai da bambina), ed i dvd in rosso erano tutti raccoglitori di saghe horror che desideravo tantissimo possedere nella realtà.
(scurita)
I nomi dei gruppi segnati sui fogli sotto di me e della tipa anonima, furono decisi da me, non so per quale motivo, ma almeno ho scoperto che allora mi piaceva Bif Naked (cantante canadese rock-punk di origini indiane, che scoprii in quel tempo dopo aver comprato un suo disco ad un euro soltanto, ad una svendita assieme a mia zia, in una giornata di shopping non organizzato).
(scurita)
Non mi sembra che si prendesse l'autobus assieme, poichè io dovevo andare in stazione per tornare a casa, mentre Mari abitava già a Pisa, e in aperta campagna, mentre Francesca a volte si facev prendere in macchina da suo padre, ma vabbeh, tanto era una storia quasi inventata e assurda (dopo ovviamente l'ultima, per ora è quasi tutto normale). Frannie era il suo vecchio nomignolo, penso che questo ed anche il suo cognome erano scelti da lei personalmente. Altro fatto: Marina non mi aveva mai aiutato nei compiti di matematica: questo lo dimostra il fatto che prendevo pessimi voti in quella materia, ma anche che non accettavo mai aiuti da qualcuno (piuttosto ero io a darne).
(scurita)
Il compagno è invenzione di Marina. Io rispondo:"Ah sì, Kyle: si è ingozzato di pizza a ricreazione e si è sentito male, nulla di grave" e Marina:" Avra' vomitato in infermeria". Non capisco questa scena (ma tante volte non capivo il senso delle sue battute) ma Francesca schifata è identica all'originale: quella posa infatti la immaginai io, cercando di farla uguale alla realtà.
(scurita)
Pure questo Angel, è invenzione sua, come Danny. I look decisi da lei, ma interpretazioni mie: infatti Danny lo disegnai non molto vicino alle sue descrizioni... Forse perché non avevo un'idea chiara di "fighetto". Il nome della band sulla maglietta di Angel credo che lo decisi io. Marina dice:" Angel, ti ho cerrcato all'intervallo, dov'eri?" Non ho la più pallida idea di cosa rispose Angel, ma credo qualcosa del tipo "Eeeh avevo da fare sai". Francesca sempre verosimile, io che ridacchio come solito facevo, lei con la faccia stanca di qualcuno: sembra un po' la solita roba per teenager scolastica.
(Io avrei fatto molto peggio, magari un massacro dentro la scuola tra i due per avere tutta per sè Marina, poi loro uccisi da Freddy Krueger, ma la storia non era mia, purtroppo...)
(scurita)
Questo Angel dice:" Scusa (...) ma noi stavamo parlando. Lei fatta a omino con la scritta "Uscita" in inglese la decisi io. Okay, non nego che anche io immaginavo storie d'amore con tizi che si litigavano, però non erano a questi livelli. Non so, a me sembra irreale che un tipo si incazzi solo perché un altro voleva parlare con una compagna, bah. Poi queste cose "emo/dark" (che poi sarebbe corretto goth, non dark) mi annoiavano terribilmente, mi sembrava la solita solfa anni 2000 da cui volevo stare lontano (anche se anni dopo avrei creato Emmonuele, Emolio e Rosaria, erano comunque parodie e parecchio lontano dall'estetica goth: ero stufa di questa assonanza). Che palle, insomma, però ero costretta a farlo somigliante al classico anime/manga/soap opera.
(scurita)
"Ma che ho detto?" AHAHA.
Scusate, risata a parte per l'assurdo. Vabbeh che avevo un compagno idiota pure io che quasi mi chiedevo se avesse le patate nel cervello, ma uno che non si rende conto di giudicare qualcuno per l'aspetto, perché non capisce palesemente se qualcuno è un certo stile o no, ce ne vuole... Ah no nella realtà accade davvero: forse sto ridendo per non piangere. Franci diceva davvero quella frase con quello sguardo anche nella realtà, penso che tra tutti i personaggi (tralasciando me, Angel e Danny che non esistono -se non nella fantasia di Marina- e le varie comparse) lei sia la più normale e reale.
Quella mini me felice non so perché la misi, ma mi piaceva molto disegnare me come pupazzo, quindi l'ho messa a caso, così (tanto la storia è già assurda di suo), distanziarmi quell'aria da romanzetto scolastico americano. Non capisco poi nemmeno il ragionamento che fa lei in questa pagina: non è che se qualcuno cresce con te, non può innamorarsi di qualcuno con cui ha convissuto, mah... E non capisco nemmeno il dileguarsi di Angel dalla scena...

E qui chiudo anche questa sezione: il giorno in cui posterò le rimanenti parti, mi metterò una bomba ad orologeria per evitare ulteriore imbarazzo.

13 agosto 2017

DRAW MY LIFE_Parte Infanzia_Livorno_Anni 2002-2009

Arrivai così nella nuova città, totalmente diversa da quella a cui ero abituata prima, rifeci una nuova prima elmentare, conobbi alcuni miei familiari per la prima volta, conobbi anche usanze e costumi a cui un po' inizialmente a fatica capii, ma a che comunque cercai di adattarmi. Faceva molto più caldo, e c'erano barche, barconi e spiagge infinite, e la gente stava spesso sui muretti a fissare non so cosa, c'erano anche venditori ambulanti (che presero la mia attenzione particolarmente), mercatini pieni di cose curiose (altra cosa che mi attirò). Mi dispiacque molto che non c'erano montagne e molti parchi, ma più di tutto mi fece dispiacere che la gente si insultasse come niente: non conoscevo tutti i termini che usavano, ma sentivo una rabbia ed un nervoso che mi sembrava inusuale e assurdo, quasi inutile.
Ma dopotutto per me era come entrare in un mondo nuovo. Menziono anche che le strade e tutto intorno a me mi sembrava molto più sporco: c'erano sigarette e le peggio schifezze ovunque andavo, e questa cosa mi deprimeva perché io amavo molto stare per terra.
I miei capelli finalmente non vennero più tagliati corti e sembravo più una bambina che un bambino, ma i miei gusti rimasero invariati, se non peggio, perché mi appassionai anche ai mostri folkloristici, come vampiri, fantasmi (mia grande passione ancora adesso), zombie, lupi mannari e tantissimi altri. Ebbi anche come regalo un autobus mediamente grande, di quelli italiani, con cui giocavo spesso nell'ingresso, facendogli fare salti e voli con dentro (incastrati da me personalmente) alcuni dei miei pupazzini in plastica delle sorpresine kinder (adoravo tantissimo quei cosi). La fine di quell'autobus fu infatti di dividersi in due, con alcuni finestrini mezzi rotti e la parte mobile di gomma nera quasi martoriata. Amavo tantissimo quel bus, ma dovevo sfogarmi in qualche modo. Conservavo anche migliaia di pupazzi sul letto, sempre a farmi compagnia, con cui immaginavo sedute assieme a loro per decidere alcune regole, anche assieme a mia sorella. 

Mia sorella era parecchio gelosa di me, e quasi ogni giorno ci litigavamo, anche arrivando alle botte, alle tirate di capelli, al tirarci bastoni di ferro, perché spesso eravamo lasciate da sole in casa per ore, e mia sorella per la noia e chissà altro mi prendeva di mira (io ero più tranquilla e non volevo che qualcuno mi disturbasse mentre immaginavo chissà quale storia). Quando non litigavamo e lei era (vista l'età prescolare) con mia zia o all'asilo, io stavo parecchio a disegnare. Al tempo stavo nella stessa stanza di mia sorella, che dormiva in una culla, molto piccola, ma per me andava benissimo lo stesso, e speravo, un giorno, che diventasse mia. Ma successivamente saremmo state trasferite nella stanza matrimoniale, poi io nella stanza piccola da sola, per poi avere la mia stanza grande (la casa era in centro ed era molto spaziosa e piena di camerette), e lei un'altra sua. Quella grande la ebbi in tempo allentato dopo che all'età di 13-14 anni vidi mio padre la prima volta, ma questa è un'altra storia). Mia sorella mi rubava spesso disegni, vestiti, e tante altre cose, e non ammetteva mai le sue malefatte, così mi innervosivo spesso. Non avevo molti amici ed ero molto timida, avevo l'odio per la materia di matematica e volevo spesso stare per i fatti miei. Mia sorella invece era l'esatto opposto, ed ero invidiosa che in casa lei fosse trattata come una "principessina" perché simile a mia zia e cugini. Solo lo zio infatti era più affezionato a me. Anche se spesso ci aiutava a portarci fuori dal bagno (il periodo in cui entrambe facevamo il bagno caldo assieme, che si stava bene economicamente), e scherzava con entrambe, quella a cui stava spesso a guardare MTV ed i propri disegni fatti a mano, ero io. Non voglio nascondere che purtroppo mi avrebbe però fatto del male successivamente. Al tempo ancora mia cugina Valentina non abitava nella nostra stessa casa, e mio cugino giocava spesso con noi due a fare il soldato in guerra per acchiapparci: io ero più svelta ed a volte nessuno di loro tre riusciva a capire dove mi nascondevo perché ero magra e bassa.

Ritornando a come vedevo i livornesi, per me era "gentaglia brutta e cattiva". Persone che non si portavano rispetto, che si picchiavano, che si insultavano. A volte mi veniva il desiderio di tornare a Milano, ma essendo timida non dicevo niente e lasciavo trapelare ogni sentimento e pensiero. All'epoca andavano di moda i cartoni animati, i Blue, Jesse McCartney (parlarna ora mi pare passata un'era preistorica); ma io amavo molto il cinema ed alcuni attori come Leo di Caprio (scoperto grazie al film Gans of New York) e Will Smith (lui sin dai tempi di Milano, mi piaceva tanto la serie di Willy Il Principe di Bell-Air). Musicalmente non avevo gusti particolari perché ascoltavo solo quello che passava sull'MTV di allora, ma rimase la mia passione per un certo Eminem fino a quando a 13 anni non conobbi i SOAD e i Cradle of Filth. Mia sorella invece era patita di Avril Lavigne (che io non sopportavo), e mia zia la classica musica italiana che mal dovevo sorbirmi ogni giorno, anche quando si facevano i lunghi viaggi verso le spiagge private (quando stavamo bene economicamente) e poi pubbliche. Conobbi anche Caparezza e fu amore a prima vista. I nostri pomeriggi poi vennero frequentati da alcune "tate" che solo alla fine io continuai a volere nonostante mia sorella disse di non volerle più intorno. Una di loro, molto giovane, presi in simpatia come amica quasi, e ci parlavo di ogni cosa. Se non si guardava la tv, si andava alle ludoteche. La mia preferita era la Ruzzeria, con cui ricordo con piacere un Halloween in cui io e mia sorella ci mascherammo da vampiri. D'estate invece si era in una colonia estiva, con tantissimi bambini, e anche lì non mancarono i soliti bulli che presero di mira anche mia sorella. Non stavo molto a contatto con gli altri, ed anche lì sfruttavo molti fogli per disegnare. Mia zia mi costringeva spesso ad andare al mare, anche se io mi annoiavo a morte e volevo essere altrove. Ma per mia zia, io ero piccola e dovevo "socializzare", quindi niente "no" da parte mia. C'è anche il fatto che non amavo molto "scoprirmi" (indossavo spesso felpe per coprirmi il viso, pantaloni larghi, ecc), bagnarmi nel mare, la sabbia, gli scogli ed il caldo. Insomma, era un inferno! Ma di notte però mi divertivo davvero, quando coi bambini si andava nelle cabine, io immaginavo chissà quali killer nascosti che ammazzavano qualcuno con la motosega e così mi riempivo di adrenalina. Per farci fare più attività pomeridiane, zia ci iscrisse anche a corsi di judo, karate, vela, e per me solo, scouting e danza caraibica (questa scelta in realtà solo da me). Si frequentava spesso anche il parco di Villa Mimbelli, e quello che una volta fu uno zoo. I miei posti preferiti lì dentro erano le biblioteche.

Il tempo in cui conobbi mio padre per la prima volta, mi nascosero che era tale, ma io avevo già sentito "qualcosa" di strano tra me e lui, e quando mi dissero la verità, ebbi una reazione quasi indefinibile. Lui mi regalò il mio primo stereo, e un portacd arancione di 24 dischi masterizzati da lui stesso, di 23 artisti che non avevo mai sentito (e che voleva lui che asoltassi), solo perché io chiesi a lui di regalarmi un disco dei System Of A Down (scoprii questo gruppo grazie ad un anonimo ragazzino ad una delle mie gite). Mi regalò anche un cesto di gessetti colorati per disegnare nel muro, ma poi mia zia anni dopo me ne vietò l'uso. A scuola, ero ammirata per la mia "bravura" nel disegno, e perché leggevo più velocemente di tutti gli alunni, ma forse anche per questo venivo lasciata in disparte e forse qualcuno mi invidiava per questa capacità. Mi criticavano anche per la mia macabra fissa per il sangue, per i morti e le cose spaventose, per come parlavo sbagliando le parole, per la mia lingua a serpente/carta geografica, perché mi nascondevo spesso la faccia. Già dal primo giorno ricordo che quando entrai in classe, mi nascosi dietro la maestra, evitando il contatto visivo con i coetanei, e mi rifiutavo anche solo di sussurrare "Buongiorno". Loro pensavano che "me la tirassi" ma in realtà è che avevo una fottuta paura di emozionarmi troppo, di sentirmi avvampare di rossore e di fare gaffes. Ebbi anche da mio padre un computer vecchio, che in poco tempo si fulminò a causa di mia sorella che ne staccava sempre la spina per dispetto, ma ovviamente punirono me per l'incidente. Quasi ogni cosa che capitava in casa era colpa mia, e per me era frustrante, dover fare le faccende ed essere punita per cose che non avevo fatto, solo perché ero esplosa in rabbia. Mia zia era molto manesca e usava tali metodi anche per quando faceva matematica con me: io per paura di sbagliare non parlavo e lei alzava le mani; altre volte ancora invece mi faceva fare le nottate finchè non risolvessi certi compiti sui libri delle vacanze. Ecco perché cercavo di isolarmi il più possibile.

Ebbi anche un amichetto d'infanzia, figlio adottivo di un'amica un po' "strana" di mia zia, non di origini italiane, con cui giocavo gran parte del mio tempo. Il nostro passatempo preferito era quello di andare al parco che era una volta zoo, ed acchiappare... Piccioni. Sì, lui mi insegnò a catturare quei volatili e io imparai in poco tempo. Si catturavano e poi si rilasciavano, per poi acciuffarne altri. A volte raccoglievo le loro piume come prova. I piccioni divennero i miei uccelli preferiti, la mia preda di caccia dopo gli insetti. Essi divennero anche protagonisti di molte mie storie di fantasia. Purtroppo stavo crescendo, e le mie coetanee non avrebbero visto di buon occhio una bambina a cui piaceva giocare con gli uccelli (già mi guardavano male per il mio vistoso interesse per le cose horror), così a poco a poco cercai di frequentare poco il mio amico, anche se mi dispiaceva dentro. Un altro motivo per cui però mi allontanai da lui era anche quello per cui la gente sparlava male di lui: non volendo essere paragonata a quelle voci perché sua amichetta, ne presi il più possibile le distanze. Non fu facile perché non mi piaceva che lo insultassero (era un bravo bambino e non faceva del male a nessuno, non capivo tutta questa cattiveria nei suoi confronti), ma già soffrivo di mio per come mi considerassero... In casa poi era tutto un discriminarmi: oltre che lamentarsi delle mie poche amicizie, mi affibbiavano insulti gratuiti (Mongoloide il più usato, ho cominciato a odiare chi usasse come insulto questo, anche perché per me è molto razzista e xenofobo, oltre che irrispettoso per i malati di trisomia 21), mi criticavano perché "poco femminile" e "sempre distratta", mi criticavano per i Cradle of Filth che ascoltavo dallo stereo in salotto (prima che avessi il mio da mio padre), per le tematiche horror, e per il fatto che mi lavavo poco, non curandomi molto, oltre che, per il mio stile un po' bizzarro ed esagerato: indossavo un enorme medaglione pesante e parecchi polsini ed orecchini vistosi (mia cugina una volta mi chiamò "zingara" per il look - indossavo parecchie fasce in testa per nascondermi la fronte ed i capelli poco curati). Ovviamente non potevo mai contestare cosa mi dicessero, altrimenti sarei stata punita, così mi tenevo dentro la rabbia spesso. In quel periodo infatti frequenti furono i miei pianti e lacrime calde versate: ero stressata e volevo solo essere lasciata in pace. Stavo odiando fortemente Livorno ed i suoi cittadini e temevo di diventare come loro.
I miei amici erano Cristina (a casa sua, unica volta, ballammo su un tappetino e ci facevamo le trecce a vicenda), Sara (ragazzina mulatta con cui parlavo spesso), Vilma (ragazzina proveniente dall'Albania, quando tutti la prendevano in giro, specialmente durante una gita con piccolo show interpretante la storia di Artù, Ginevra e Lancilotto, io presi le sue difese), Giacomo (dividevamo la passione per la Cupa Mietitrice) ed Algert (altro ragazzo albanese, non ricordo molto per cui lo frequentavo), ma divenni molto amica intima di una mia quasi ominima, con la passione verso l'adolescenza, del gruppo Beatles (di cui mi appassionai più avanti). Ci frequentavamo spesso a casa sua, e a ricreazione giocavamo assieme a fantasticare su ipotetici fidanzati delle Superchicche inventati da me (quella serie animata era la mia preferita). Ebbi anche la mia prima cotta: il ragazzo era un coetaneo di una classe vicina alla nostra, (visto per caso durante un veloce trasferimento delle mense) un bambino in carne dai lunghi capelli biondi ed occhi scuri. Purtroppo il ragazzino era un po' esaltato ed egoentrico e quando (vincendo un po' la mia timidezza) mi feci avanti per dichiararmi, lui mi liquidò con un insulto al colore dei miei capelli. Nonostante fossi molto amica di questa bimba, rispetto a mia sorella, non invitai mai a dormire qualcuno in casa, perché mia zia diceva sempre "Prima deve pranzare on noi", ma ciò non accadeva mai per svariati motivi, quindi alla fine, anche dopo i 17 anni, non ebbi mai l'occasione di poter fare serata con qualche amica/amico (guai l'amico, è un maschio!) vicino al mio letto. L'unica cosa buona era che abitavo in pieno centro, e non sapendo usare la bici (ne' volevo usare l'autobus) potevo andare in qualsiasi posto e tornare subito a casa. Spesso andavo a trovare i miei nonni o andavo da sola ai parchi, ma altre volte passavo per il McDonald, il posto in cui feci un mio primo compleanno veramente bello, in cui ricevetti molti bei regali (tra cui una Diddlina misura grande): la mia torta era rosa con un Hamtaro che mordicchiava un lapis seduto. I miei compagni comunque sia furono meglio di quelli che ebbi negli anni dopo: quando dovetti fare la mia operazione all'orecchio (soffro e soffrii di otite dannosa) e non potei fare la settimana bianca, al mio ritorno mi fecero una festa con tanto di grosso lenzuolo scritto da loro per salutarmi e ringraziarmi dell'arrivo in classe, che conservo tutt'ora. Cosa diversa invece per quando ci fu il periodo dell'attività annuale sportivca delle classi (non ricordo il nome dell'associazione), perché non amavo molto lo sport, e credendo di essere un peso, non partecipavo mai attivamente alle gare. Anche a scuola, nell'ora di sport, avevo paura di ricevere i palloni (timore vinto poi, anche se avrei preferito evitare tutte quelle prese in giro dalle maestre...) addosso, e detestavo correre per la stanza insieme agli altri. Ricordo che mi punirono perché disegnai sul muro del bagno ("Ma è così triste il bagno, è solo un disegno!" fu la mia risposta), un'altra volta mi ripresero per aver "causato caos" ai miei compagni per averli spinti a spostare sedie per "simulare" tombe per i vampiri (ehm...). Ultimo ricordo, riguarda anche le maestre: disegnai le tre in forme di creature fantastiche, ed una era un mostro, forse il solito vampiro. Quest'ultima mi chiese come mai e io risposi che la vedevo come un mostriciattolo (in effetti era la più antipatica), ma per timidezza e per senso di colpa (una volta prima immaginai di gonfiarla come un pallone per poi bucarla con uno spillo e farla volare via dalla finestra), dissi che disegnai lei così perché per me i mostri erano bellissimi, buoni e fantastici: lei però non credette alla mia versione (comunque sia io credevo davvero ciò essendo amante delle creature mostruose, un po' di fondo di verità c'era) e mi costrinse a cancellare un po' il suo ritratto. Io mi arrabbiai, piansi e lei si scusò: la disegnai alla fine vestita da Superman (un mio supereroe preferito).

Ironie della vita musicali traumatiche con Blahzay Roze: che fine hai fatto? In caso di storie di abusi sulle donne…

Non son riuscita a dormire, ma ormai il sonno mi è passato del tutto. Parlando finalmente con la mia amica fumettista dopo tantissimo temp...